Tag

, , , , , , , ,

La semplicità invoca il rigore, lo blandisce con ironica gentilezza, e si trasforma in benedicenza, in fiducia verso ogni confronto che non diventi un duello.
La vita è sempre stata pervasa dal conflitto, fin dai primordi della cosiddetta «civiltà», e chi ti vuole bene deve fornirti gli strumenti per affrontare anche i disaccordi (una delle poche note di merito che ascrivo ai miei genitori), benché il conflitto non dovrebbe mai diventare una logorante guerra di posizione tra i pensieri, le intenzioni e i desideri messi in gioco dalle parti.

Quest’intensità emozionale e intellettiva dei miei propositi, questa rincorsa verso un compimento della presenza che ho chiamato poco più sopra «dismisura della poesia», si è rivelata mia compagna e sorella allorché s’andava disgregando in me la stolida articolazione delle scusanti.
Nel corso della mia tarda adolescenza, lo sviluppo di un pensiero critico materialista, mai scisso da un approccio estetico nei confronti dell’esistente, una volta demolite le «verità» trasmessemi da famiglia e scuola, mi ha consentito di dare un’espressione puntigliosa e personale alla mia ricerca di senso.
In quel periodo, la lettura appassionata e tonificante di autori come Marx, Breton, Lautréamont, Stirner, Bataille, conferì una grande forza propulsiva al mio desiderio di autonomia e anticonvenzionalismo. A mia volta, avevo cominciato a scrivere, a giocare con le parole. All’inizio, lo ammetto, si trattò d’un balbettio, di una sperimentazione dal carattere prettamente giocoso. Poi, però, come una sorta di cateratta, giunse la mia stagione della lotta, dell’amore, e la scrittura stessa finì per farsi arma, sesso, parola d’ordine, grimaldello.

La riduzione delle distanze materiali e immateriali tra me e l’Altro non è mai sufficiente a porre fine alle separazioni che intercorrono tra le nostre presenze mondane. Per stabilire un’intesa, a partire da una costante approssimazione dell’affetto, ci occorre mettere in comune ogni volta anche le nostre rispettive capacità d’autonomia.

La poesia non è la realtà, ma può aiutare la realtà a diventare un po’ meno mortale. Un simile processo modificativo, beninteso, ha a che fare con la letteratura soltanto marginalmente.

La dimensione del poetico non attiene semplicemente alla forma e allo stile che possiamo dare a talune espressioni creative dell’umano, ma anche al fare che ne può scaturire, che ne viene influenzato, emanato, e che si rivelerebbe anzitutto come gesto d’affetto nei confronti dei viventi, nonché come dinamica interpsichica tra pari, ossia come emergenza e sviluppo consapevole di una com-unicità.

Per attraversare realmente lo spazio che ci separa dall’Altro e verificare le nostre rispettive unicità nel cangiante presente di una prossimità, dobbiamo sbarazzarci di ogni morale universalizzante, di ogni schematismo prescrittivo, e riconoscere la fantasmagoria problematica che già si va affermando nella nostra continua ricerca di un risveglio, tenendo però a mente che sarebbe sterile e puerile convincimento quello di un’immediatezza metafisica del bello, perché quest’ultimo va sempre costruito, ricostruito, perseguito con cura.

Il Testo nasce con le leggi, coi contratti, con le genealogie del potere. Poi, in gran parte, se ne distacca storicamente per farsi impiegare dall’immaginario poetico e poetante nella ricerca inesausta di una mitica definitività del senso.

Fino a qualche anno fa, scrivevo essenzialmente per trovare amicizie, amori terreni, complicità storiche. Oggi, divaricando l’orizzonte dei miei propositi, mi ostino a scrivere e a rilasciare testi affinché un giorno mi possano leggere anche quegli alieni che verrebbero in contatto col genere umano infine estintosi.

Laureana Cilento, 17-20 settembre 2025 (continua – 17). Illustrazione: Magdalena Russocka.