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[ 26 marzo 2018: una scelta di estratti dal libro apparsa su La dimora del tempo sospeso ]
[ 3 aprile 2018: recensione su Goodreads di Rosa Maria Cerone ]
Un libro denso, singolare, già a partire dal titolo chilometrico, che raccoglie poesie erotiche, aforismi e brevi riflessioni creando un percorso di lettura stimolante, “accorato”, lungo il quale sciorino i miei tic, le mie pretese, i miei entusiasmi. Sessantanove testi – numero nient’affatto casuale – che attraversano criticamente (e gioiosamente) tutto lo spettro del discorso amoroso, unendo una verve tipicamente surrealista all’asciuttezza formale di uno Jabès o di uno Char. Senza perdermi in lirismi inutili, ho cercato di coniugare qui passione e tenerezza evitando le ovvietà del romanticismo o di un certo libertinismo rincretinente. Proprio per questo, mi sento di consigliare il volume agli amanti dell’erotismo più spinto, ma soprattutto a coloro che fossero ormai stufi di una poesia edulcorata e autoindulgente. In appendice, un bel saggio sulla poesia di Filippo Pretolani.
- Carmine Mangone, Se questo si chiama amore, io non mi chiamo in alcun modo, con un saggio di Filippo Pretolani, Ab imis, 2018, 114 pp., ISBN 9780244972073.
Il libro può essere acquistato in digitale su < Kindle Store >
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Di seguito, alcuni estratti dal libro. Buona lettura. P.S.: il corpo astrale in copertina è l’asteroide 433 Eros. 😉
*
Il tuo corpo nudo è sempre una vertigine,
perché spezza l’oscenità del mondo e
costruisce un senso là dove tutto mira
ad abolire ogni distanza, ogni doppiezza.
Tu ti spogli e
l’emergenza della carne sottrae qualcosa all’ordine del visibile.
Nessuna invenzione poetica
potrà mai dire
la tua pelle di panico stellare.
*
Ridere ti sguarnisce,
ti salva dalla convenzione del lieto fine.
La tua risata è il sesso di
ogni ironia del mondo.
*
L’amore
non è che il modo con
cui il corpo capisce che è affollato,
sempre più affollato dai fiumi,
dalle pietre,
dalle stelle.
*
Non trovo niente
di più erotico e bello che saperti al mondo.
La tua presenza mette in discussione
ogni riformismo poetico.
*
Malgrado le parole infeconde
e il mio troppo andare,
l’amore è aver risposto di sì alla domanda:
sono NOI in questo me?
L’intesa non ha niente del mistero.
Al contrario,
essa mette insieme tutti i misteri e li
fa svanire nel loro contrasto materiale.
La terra,
la sintassi dei gemiti,
la voglia che sfigura il volto all’altezza del
tuo ventre,
i riti di passaggio.
Davanti al mio bisogno di
più destino,
ci saranno sempre delle notti in cui
dovrò star sveglio per
difendermi dai sogni degli altri.
Forse la morte è solo una storiella che
la materia animata racconta all’uomo per
farlo star buono sulla soglia.
Forse, stilla dopo stilla,
l’assedio finirà,
i campi verranno arati
e l’acqua dei nostri corpi,
per una volta ancòra,
sarà figlia della foce
e non madre degli argini.
*
Si fa l’amore invece di lavorare.
Si scopa invece di fare l’amore.
Si dorme teneramente abbracciati anziché scopare.
Si segna direttamente la pelle anziché scrivere libri sull’amore.
Se poi si scrive un libro, lo si brucia,
oppure lo si gioca a morra con la vita acerrima.
(Quando morirò,
moriranno con me tutti i libri.
La mia parola è solo l’annuncio di
questa scomparsa e dei milioni di stelle che
vi ricadono senza posa).
*
Uccidere tutte le parole che restano sulla
punta del mio cazzo
e vedere la carne del destino moltiplicare
gli errori senza farti male.
‘…stelle costrette in un corpo’
‘…ci diamo all’ostensione del desiderio’
‘…tornire l’immanenza’
‘…siamo già nella premura dell’ape che corteggia il trifoglio’
‘…la parola lupo sbrana un libro di fiabe’
Forme. Forme di un mondo. Sembra parlare a tutti, l’autore. Suo malgrado, poeta di ‘riferimento’ come scrive Pretolani, quello che ad ogni virgola ti tocca il braccio, il collo, un punto che hai in mezzo agli occhi, il ventre, il culo. Quello che ti fa dire, muovere, pensare.
Pag. 9, mangoniana dichiarazione d’intenti: “Io parlo a te, mi rivolgo a te, perché voglio farmi la tua vita, voglio scoparti, voglio afferrare con te e grazie a te tutto il possibile dell’intesa, cercando però di non irregimentare la nostra relazione -la nostra unicità- dentro una durata delle idee.’
Sembra diretto a te anche il senso diverso di alcune parole, gioia-amore-tenerezza, anche se di esse hai un’esperienza differente, una volontà differente.
La sicurezza con cui sa di toccarti, di entrare dentro la tua testa, confondendo le sue alle tue parole, è mestiere e talento.
Offre il suo corpo nella poesia, alla poesia che sono io. E’ un caso ch’io sia femmina, per cui la fica è un ‘dentro’ in cui rinchiudersi per non rimanere ‘nudi e scontrosi a pie’ di pagina’, essa è come il foglio bianco, un buco bianco che contiene, moltiplica, lancia e rilancia sempre sensi, sessi e sesso.
Offre il suo corpo, il poeta, nasce da qui la sua poesia ed è un caso che per lui sia fatta di parole.
Parole e corpo che, piano piano, diventano tuoi: meglio lo sa Pretolani che parla di ‘appropriazione debita’, di ‘una poesia che è mia’, dice, perché per una frazione di tempo (quanto, mio dio, quanto è questo tempo?) i due si sono contaminati, ed io con loro.
Pag. 108, Pretolani: “Il poeta (uno, preciso, il tuo poeta di riferimento) si prende cura di te nella poesia. Vede in te una parola di cui prendersi cura. E lo fa in modo naturale, immediato.”
Plagiarsi per essere, in una sorta di indistinto sentire. Può nuocere il poeta-dio creatore di mondi? Farà male non riuscire descrivere l’odor di resina?
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