Qui di seguito potete leggere i testi che aprono il mio Se questo si chiama amore, io non mi chiamo in alcun modo (Ab imis, 2018).
Salvare il proprio amore dalla sventura di finire in un libro.
Lasciarlo libero di distruggerti.
Fortuna che io non ho avuto.
Il pensiero dell’amore è una prigione
e noi siamo gli ergastolani che si scopano l’un l’altro per
non ridere delle stelle costrette in un corpo.
La formula è sbagliata, ma si continua a scavare,
con le mani,
con la lingua.
Affondo il mio cazzo in te
e le parole muoiono.
Nulla di ciò che vive
è fatto per la pietra.
Se questo si chiama amore,
io non mi chiamo in alcun modo.
*
Quando Artaud sosteneva che la letteratura è tutta una porcheria, aveva ancora delle ragioni poco chiare, malamente definite. Per lui, non era ancora giunto il tempo in cui lo si sarebbe sbattuto fuori dal gruppo surrealista o dentro un manicomio.
Nel medesimo movimento di ripulsa e incomprensione, il poeta viene reso innocuo, marginalizzato, e decade mortalmente nella follia di un’intera società. Diventa cioè l’incarnazione particolare di una follia generale e assume la negazione della porcheria letteraria venendone valorizzato, invetrinato.
Come fare, allora, se voglio uscire da questo cerchio magico del valore? In che modo posso deviare la corrente e alluvionare gioiosamente il mio destino?
Se per letteratura s’intende l’abbellimento a parole della migliore umanità possibile, se giungo a rendermi conto del limite che essa mi pone costringendomi ad assumere i suoi criteri di bellezza senza realizzarli nel mondo materiale, senza incarnarli nel divenire della materia vivente, se divento quindi consapevole del risibile smalto che essa spennella sulle contraddizioni dell’uomo, non posso che volere un solo movimento, capace di sormontarla in un oltre che sia già qui e che costringa le mie parole, poco religiosamente, ad incularsi l’una con l’altra.
Ne ho abbastanza delle rilegature culturali e dei ruoli che tentano di valorizzarmi a partire da idee che mi riducono dentro una prospettiva di scambio!
Io parlo a te, ma non voglio un tuo beneplacito dentro le parole. Io parlo a te, mi rivolgo a te, perché voglio farmi la tua vita, voglio scoparti, voglio afferrare con te e grazie a te tutto il possibile dell’intesa, cercando però di non irreggimentare la nostra relazione – la nostra unicità – dentro una durata delle idee.
Il mondo non è semplicemente la critica del mondo. L’uomo non è soltanto una pretesa d’affermazione. Ogni cosa ha un nome, ma anche un’eventualità senza più nomi. Far sì, dunque, che la poesia uccida lo scambio per farlo rinascere come volontà comune, finalmente priva di ogni valore, di ogni attesa.
Tra la fica e la letteratura, io scelgo la fica.
Nessuna parola uscirà morta da qui.
Occorre fare della letteratura una porcheria senza fine e senza causa.
<3……
Lettrice sempre attenta e appassionata… Grazie!
L’ha ribloggato su CIANURO EMOTIVO INCHIOSTRO D'ANIMA SINISTRA.