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«Mi sembrava che soltanto l’odio avesse accesso alla vera poesia. La poesia ha un senso forte soltanto nella violenza della rivolta. Ma la poesia non giunge a questa violenza che evocando l’impossibile», Georges Bataille, L’impossible, 1962.

Non era una rappresentazione. Era così. Era reale. La forza di un’idea veniva a incorporarci nel mondo. Ci faceva sangue. E il sangue diceva, s’insinuava, scorreva nei discorsi.

chi non vede le ombre / inciamperà nella luce / ma chi si stende al sole / non morirà di silenzio

La “vera poesia” sta nell’intelligenza della carne che vive e si vive. Tutto il resto è solo una parola che sanguina impossibilità e spergiuri in merito alla durata di un destino.
Essere d’accordo senza trovare un accordo. Passare la misura senza misurare i passi. La vita non è equilibrio; la vita è dissipazione, cattura di luce.

 

 

Quanto di impossibile è dettato in realtà dal nostro bisogno di causalità e soluzioni?
Uno dei miei sogni: creare con le parole qualcosa di simile a un buco nero.
D’altronde l’uomo non raggiungerà mai la giusta velocità di fuga per scampare alla morte o all’idea della morte.
L’impossibile: inghiottire la vita vivendola e terminando avvolti, insieme al nostro mondo, dall’orizzonte degli eventi.

Checché ne dicano gli umani civilizzati, la carne spiritata dei viventi ha una sua intelligenza, un suo intendere, un suo sentire l’intesa.
Ciò che si definisce “istinto” è in fondo un pre-sentimento, quasi un aver già sentito, un sentire (o un sapere) attraverso le pareti del corpo non appena si catturi una percezione. – La ragione, all’opposto, sembra spesso un pressappoco faticosamente affidabile.

 

 

Quante definizioni dell’amore ho dato finora e quante ancora finirò per darne? Di sicuro tante. Forse in qualche caso addirittura contraddittorie, chissà.
Il flusso stesso della mia opera può considerarsi un’immane, proterva definizione dell’amore.
– Sempre da farsi e sempre già in potenza, l’amore ha scandito quella tensione verso un’unitarietà delle mie esperienze che, in questo mondo di frammenti, tutte le volte che si è affermata, è stata il solo fattore a darmi la netta impressione di essere davvero vivo.

Quando parlo di amore mi riferisco sempre a un amore carnale, a un amore dove il toccarsi reciproco, il rendersi toccanti e il sentire la materia che vive (vera materia dell’intesa) sono esperienze fondanti.
Ma l’aggettivo “carnale” qui non implica una limitazione, bensì uno scioglimento, una catarsi, un affrancare l’amore da tutte quelle sue manifestazioni degeneri che lo legano a un’astrazione o, peggio, a un’idea autoritaria (come Dio, umanità, patria, nazione, famiglia borghese, ecc.).

Dobbiamo unire i vari frammenti della nostra vita quotidiana. L’ingovernabile che nega la banalità, e che orienta l’azione verso l’impossibile, si palesa come il movimento generale delle singolarità diversamente uniche.
Ma qui non ci sono identità da rivendicare o volti da rappresentare negli ambiti separati dell’esistenza. Bisogna calare un passamontagna sulla faccia della poesia.

 

Carmine Mangone, L’ingovernabile, Ab imis, 2018. Le figurine legate alla rivoluzione anarchica spagnola del 1936-’37 e alla CNT sono di Salvador Mestres.