[Una manciata di aforismi inediti, con due foto di Giovanna Eliantonio.]
Giorno di guerra. Attraggo a me le nuvole che non diserteranno la tempesta e scelgo con cura un archetto che suoni a meraviglia i fili a piombo della mia mente.
Anche la morte si vergogna, di questa vita riassunta ad arte sulle schiene dei servi. L’uomo si chiude nell’idea di libertà, le sue grida rimbalzano contro il muro, eppure il settimo giorno non doveva finire con questo ritrarsi dentro un potere. – Rimango con la testa contro i pensieri morti. Mi ricaccio il nero in bocca. Vi rapino della mia stessa potenza.
C’è una parte di me che non si è mai svegliata. La cullo ogni giorno per evitare che lo faccia.
Restare nel fragore che fa il mondo al contatto con la mia assoluta mancanza di rimpianti: è questa l’immanenza, lo scioglimento del nodo. Un corpo per ogni battaglia, per ogni gioia, e un cervello senza più spine.
Nei dettagli del mondo, c’è un ritmo dell’immanenza che abroga il vostro Dio.
Ho sempre riso del bene. Ho sempre riso anche del male. Ho preso sul serio, come in un gioco a perdere, solo il labile confine tra i due facendone la casa della mia ironica incoscienza. – Tutto questo, potete credermi, mi ha salvato più volte la vita.
Ama l’impossibile come te stessa, piccola mia. Fanne una ghirlanda di sorrisi intorno al corpo acefalo del mondo. – La volontà corruga l’esistente, la volontà è un nido di fiamme.
Contro le metafore del fuoco non userò le licenze poetiche dell’acqua. Nel mio mondo di corpi senza patria, fuoco e acqua sono amanti segreti, ironici, pronti a invadere la parola e il sangue quando meno te l’aspetti.
Tutto è nella frase successiva. Il limite della verità è questo.
In un alito di vento, sulla punta della lingua, durante le battaglie decisive… Trasmettere gli elementi che fanno il rigore della bellezza e l’onore del possibile. – Se il tempo ci lapida, noi lapideremo i padroni del tempo.
La tua pelle: come carta così bianca da ledere ogni parola.
Bellezza è lo stare in superficie senza tradire l’abisso.
Il respiro taglia l’aria, i polmoni danno battaglia, la mano insorge. Non si specula sulle scintille, se l’incendio è bello e ci riscalda.
Ho infondato la mia causa sull’amore.
Il corpo è la riva di ciò che, per comodità, si può ancora chiamare anima. Per quanto il mare possa conservare ai nostri occhi un fascino, una malia spesso irresistibile, è sempre alla presunta certezza di un approdo che sposiamo la nostra presenza e il suo movimento. La bellezza è il punto di non ritorno nel quale ci sentiamo ogni volta a casa: culmine dell’onda che non tradisce la risacca.
Restare nel fragore che fa il mondo al contatto con la mia assoluta mancanza di rimpianti