La poesia si fa in un letto come l’amore
Le sue lenzuola sfatte sono l’aurora delle cose
La poesia si fa nei boschi
Ha lo spazio che le occorre
Non questo ma quello che condizionano
L’occhio del nibbio
La rugiada sull’equiseto
Il ricordo di una bottiglia di Traminer appannata su un
[vassoio d’argento
Un’alta colonna di tormalina sul mare
E la strada dell’avventura mentale
Che sale a picco
Si ferma e subito s’ingarbuglia
Non è cosa da gridare dai tetti
È sconveniente lasciare la porta aperta
O chiamare dei testimoni
I banchi di pesci le siepi di cinciallegre
I binari all’entrata di una grande stazione
I riflessi delle due rive
I solchi del pane
Le bolle del ruscello
I giorni del calendario
L’iperico
L’atto d’amore e l’atto poetico
Sono incompatibili
Con la lettura del giornale ad alta voce
Il senso del raggio di sole
Il luccichio azzurro che rilega i colpi d’ascia del taglialegna
Il filo dell’aquilone a forma di cuore o di nassa
Il battito ritmico della coda dei castori
La diligenza del lampo
Il lancio di confetti dall’alto di vecchie scalininate
La valanga
La camera degli incantesimi
No signori non si tratta dell’ottava Camera
Né dei vapori della camerata la domenica sera
Le figure di danza eseguite in trasparenza sopra gli stagni
La delimitazione di un corpo di donna contro il muro al
[lancio dei coltelli
Le volute chiare del fumo
La curva della spugna delle Filippine
Le gemme del serpente corallo
Il varco dell’edera tra le rovine
Lei ha tutto il tempo davanti a sé
La stretta poetica come la stretta carnale
Finché dura
Impedisce le prospettive di miseria del mondo
Sur la route de San Romano. Poesia pubblicata in origine sulla rivista “Néon”, n. 3, maggio 1948. Ripresa poi in Signe ascendant (1968).
Ecco perché invidio i poeti: riescono a trasformare la realtà più banale in un’esperienza mentale che la trasfigura.
I poveri mortali possono descrivere nei dettagli un vassoio d’argento con una bottiglia di Traminer ben raffreddata. Il poeta ne trae l’icona del piacere, del senso e dello scopo ultimo.
Io, lasciata a me stessa, riesco solo a leggere miseria, nelle cose del mondo.
Escludo però dalla miseria la poesia della carne, quella che si fa senza parole. E’ la mia unica salvezza dalla disperazione, dall’assenza di speranza.
La poesia è più che altro un’attitudine nei confronti del mondo, un atto d’amore verso l’esistente, ecco il perché del parallelo finale nel testo di Breton. Ho conosciuto “poeti” che non avevano bisogno di scritture per manifestare la loro poesia. L’importante, secondo me, è non isolarsi mai del tutto dalla bellezza possibile del mondo. Poi, ovviamente, bisognerebbe anche mettersi d’accordo su cosa mettere nella categoria del bello. 😉