Maurice Blanchot scrisse Une scène primitive nel 1976, su richiesta di Philippe Lacoue-Labarthe. Il testo apparve originariamente in: “Première livraison“, n. 4, 1976. Venne poi ripreso, con l’aggiunta del punto di domanda e della parentesi tonda, in: L’écriture du désastre, Gallimard, 1980, p. 117.
* * *
(Una scena primitiva?) Voi che ancora siete vivi, prossimi ad un cuore che non batte più, supponete, provate a supporlo: il bambino – di sette, forse otto anni – in piedi, scosta le tende e guarda alla finestra. Vede il giardino, gli alberi d’inverno, il muro di una casa: mentre osserva il suo spazio di gioco, probabilmente come fa un bambino, si annoia e sposta lentamente lo sguardo verso il cielo ordinario, con le nuvole, la luce grigia, il giorno spento e privo di sfondo.
Ed ecco poi ciò che accade: il cielo, lo stesso cielo, apertosi all’improvviso, assolutamente nero e assolutamente vuoto, rivela (come attraverso un vetro infranto) una tale assenza che, in esso, da sempre e per sempre, è come se tutto sia perduto, al punto che vi si afferma e dissipa il sapere vertiginoso per cui ciò che esiste è nulla, e, innanzitutto, che al di là di esso non vi è nulla. L’imprevisto di questa scena (il suo tratto interminabile), è il sentimento di felicità che sommerge immediatamente il bambino, la gioia devastante che egli potrà testimoniare solo con le lacrime, un infinito torrente di lacrime. Si pensa a un dispiacere infantile, si cerca di consolarlo. Lui non dice nulla. Vivrà ormai nel segreto. Non piangerà più.
Traduzione di Carmine Mangone.
L’ha ribloggato su CIANURO EMOTIVO INCHIOSTRO D'ANIMA SINISTRA.
una nostalgia dell’indefinito…che solo il vuoto si può riempire….