Essa ha origine da un’ingiunzione, un’affermazione, un invito tracciato su di un muro verso la fine degli anni Sessanta. Il muro in questione, a Parigi, si stagliava dietro un albero e l’ingiunzione diceva semplicemente: guardate l’albero*, con una freccia che collegava la scritta a quello, in modo da designarlo, significarlo con precisione.
L’albero indica ciò che noi abbiamo perso. Mostra il suo sfuggire alla chiusura testimoniata dal muro, perché lo supera e si dispiega al di sopra di esso. Vive a dispetto della nostra follia, ma è minacciato ugualmente dal progredire dell’isolamento umano-femminile connesso all’esclusione delle forme di vita diverse dall’Homo sapiens, nonché dalla perdita di continuità con tutto ciò da cui proviene: il processo di vita.
Che scopo si prefiggeva lo scrittore o la scrittrice anonima, quale immenso desiderio l’abitava, e quale riconoscimento della potenza di vita finiva per testimoniare?
Qui, nessun détournement, bensì una interpellanza: uomo, donna, tu sei nell’isolamento, davanti al muro della tua speciosi-ontosi; allora guardi l’albero, la sua immediatezza, la sua concretezza, perché questo può incitarti a uscire dalla tua erranza millenaria.
L’invito-ingiunzione di cui sopra s’impone come lo svelarsi di una prospettiva, di un’evidenza, e vibra di una gioia intensa; quella, in particolare, di sfuggire all’orrore circostante, avendo incontrato ciò che non gli è riducibile pur essendogli coesistente.
Io vivo nell’orrore di questo mondo, ma gli sfuggo, e l’albero mi aspira e mi ispira perché non è semplicemente il supporto della fuga, ma testimonia la necessità-validità della mia uscita dall’erranza e il mio desiderio di continuità con tutto ciò che vive.
Questo pensiero gravido di gioia, profondo, che emoziona per via della continuità – foss’anche inconsapevole – in seno a colui o a colei che lo enunciò, pensiero dispiegato su quel muro banale, non minaccioso nell’immediato, ma irriducibile, pone un fermarsi, ma non impone.
Quest’immagine dell’albero e del muro, col pensiero che gli è affidato, esprime e testimonia un desiderio immenso che non giunge a rivelarsi: andare al di là di ogni minaccia, di ogni repressione.
4 Aprile 2008
* La foto apparve in Le Monde col titolo: L’immagine nell’immagine, di Martine Frank. Ho conservato la foto, ma non la data di pubblicazione del giornale. Non ricordo neanche se fosse accompagnata da un testo.
[ Interpellation. A propos du quarantième anniversaire de Mai-Juin1968. Traduz. C.M.]