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Caro amico, (…) io sto qui che impacchetto anni e anni di vita, libri, entusiasmi, dolore. Alcune decine di scatole: la vita quotidiana, quando cerchi di raccoglierla concretamente, sembra risolversi in questo. Per fortuna, il cuore e la mente restano smodati e se ne fottono della materia che cerca di costringerli. Mi chiedi di me. Non so. Non ho voglia di annoiarti. Cerco di stare dentro il mio corpo senza urlare. Ho perso l’amore senza perderne ancora l’odore. Per un animale come me, è difficile uscirne in tempi brevi, ma niente è impossibile per chi crede in un continuo rilancio dei propri entusiasmi, delle proprie contraddizioni. Mi accingo a fare un grande salto e ho paura, devo essere sincero. Paura delle radici, delle mie stesse radici – avviluppate da decenni e che cerco di sbrogliare senza smarrirmi nei miei stessi labirinti. In mancanza di un’Arianna, Teseo entra d’altronde in combutta col Minotauro, o almeno così sembra. Pessimo feeling con le donne in questo periodo. Eppure non credo di essere completamente sbagliato. È forse “sbagliato” chi ha il terrore di perdersi definitivamente nella banalità delle economie, dei cartellini da timbrare (anche in amore), del piccolo cabotaggio sentimentale, della poesia tradita per tirare a campare? Non so. Non sono malleabile, mai stato, né mi sento un mostro, un essere sempre sbagliato. Credo di aver commesso molti errori nella vita, ma non per questo sono peggiore di chi si crede “umano” o giusto sulla pelle degli altri. Io non ho mai voluto spellare nessuno, non faccio collezione di scalpi. Sono un tipo aggressivo, sì, ma mi sono anche rotto il cazzo di chi si spaventa al minimo refolo di vento. Non ritengo peraltro di avere da spartire solo tempeste. Per cui ora basta! I deboli di poesia sono pregati di restare nel loro angolo a pregare le loro icone piccolo-borghesi e a tirar pugni (ideali) ad un futuro già nato morto! Ecco come sto. Sto da vandalo coltivatore di rose, da distruttore tenero, da idiota entusiasta e temerario. Come sempre, da quasi trent’anni. (…)

Ho bisogno d’aria. Ma ho anche bisogno di un nuovo gioco, con regole mie, soltanto mie.
[Anni fa avevo fatto questa caricatura di decalogo. Anzi, si trattava, più precisamente, di un endecalogo. Sottoscriverlo ancora oggi, con una lieve variante, “glorifica la carne” anziché “santifica…”, è un modo per continuare a sorridere al miglior mondo possibile:]
Uccidi Dio e sventa la sua ombra. Combatti la morte senza maledirla. Lacera ogni bandiera. Abbandona la casa del padre. Azzanna il nemico, osanna l’amico. Glorifica la carne. Riprenditi la vita. Diventa la tua sola verità. Condividi la tenerezza. Spartisci la fame d’assoluto. Crea comunità ingovernabili.



Sarà dura affrontare l’isolamento che vado ad impormi tra le colline della mia terra. Molto dura. Non mi nascondo affatto le difficoltà. Dovrò badare a me stesso senza mediazioni. Badare agli animali che sceglierò e che mi sceglieranno. Fare branco senza schiacciare nessuno. Creare un’orizzontalità tra gli elementi vivi del mio mondo, col peso del cielo sopra di me.

Ci sono cieli tremendamente stellati, dalle mie parti. Fanno paura. Ti ci perdi, se non hai la capacità di entrare in sintonia con la continuità del tutto.
Ricordo da piccolo una Via Lattea talmente bella da risultare quasi imbarazzante. Un taglio luminescente che tagliava in due l’intero cielo notturno. Un fiotto di stelle contro il nero.

D’estate, quand’ero ragazzo, mi capitava spesso di masturbarmi sotto il cielo stellato. Vivevo una sensazione strana, di ineffabile contiguità con il fondo delle cose. Peccato che l’orgasmo venisse a rompere ogni volta l’integrità del desiderio che in me univa le stelle ad una qualche figura di donna nota.

«Le donne nude non hanno mai fatto male a nessuno», sosteneva il surrealista belga Louis Scutenaire. E neanche le stelle, aggiungo io. Ecco il motivo per cui ne siamo stati espropriati. Espropriati delle stelle, intendo. Il bene, infatti, non ha molto a che fare con le luci artificiali delle città.

Le donne nude, intanto, fanno capolino da ogni mia mancanza, anche solo per ricordarmi che sono ancora vivo, e che questa mia vita è tutta da ricombinare, potare, innestare. – Un nuovo zodiaco. Ho proprio bisogno di un nuovo zodiaco di terra, poesia, carnalità. Una cosa furiosamente zen, insomma.

10 maggio 2015. Le foto sono di miss-Alienation (Aleksandra Ku).