Tu mi fai sentire più vivo della vita. Accanto a te, e fuori di me, posso morire solo per sentito dire.
Ogni sogno deve avere il suo corpo. Ogni corpo deve scopare il proprio sogno in tutti i buchi.
In attesa dei tuoi occhi color dinamite, la mia poesia scritta è solo un’eruzione cutanea dell’amore.
Ho deciso di far tardi dentro la tua vita e di rischiare insieme a te tutti i talenti che ha il mio sangue.
Ogni volta: un compimento, una sutura, un chiudere cerchi, un aprire covi.
Tocco i tuoi pensieri ancora caldi e mi ritrovo fra le gambe il sesso di ogni cosa: il sesso delle pietre, il sesso dell’erba appena falciata, il sesso senza tempo di una fiducia che si fa urgenza e sconfinamento fra me e te.
I discorsi che dimenticano le parole sono i migliori, quando si ha tutto da dire. Infatti io non posso dire che una parte, non riesco a dire che una parte di questo nostro tutto.
Dentro le parole, sono condannato a evocare la totalità senza poterla spiegare compiutamente, senza poterla dispiegare. Devo sottomettermi al dominio del dettaglio. Non potrò mai dire l’abisso che ci strega. Dovrò accontentarmi di dire la tua fica, le nostre contraddizioni, i pensieri belli, la noia del non averti, il volerti appartenere senza dipendere dall’amore, il cielo temporalesco dei tuoi occhi, le nubi che attraversano il mio corpo, la rabbia passeggera, la dolcezza senza nome.
In principio fu il possibile, fu la definizione prosaica del possibile. Poi, giorno per giorno, desiderio dopo desiderio, io dentro di te, tu sopra di me, costruimmo l’impossibile.
Ci facciamo largo tra i luoghi comuni dell’amore con la presunzione di creare ad ogni passo una nostra terra incognita.
Io però non dipendo da te. Evito infatti ogni forma di soggezione rispetto alla tua presenza.
Più in concreto, io appartengo a te, decido di appartenerti. Vale a dire: mi tengo a parte con te, mi apparto insieme a te in un territorio tutto nostro, sfacciatamente nostro. Solo così avremo come andamento una nostra comune soddisfazione – e non un semplice possesso reciproco.
L’amore è affetto fattosi mondo. È la scatola che diventa contenuto. È l’interno che non riesci più a distinguere dall’esterno. Non è una rappresentazione, bensì un’esperienza affettuosa della materia che costruisce un senso del mondo tra me e te.
Frammenti scritti nel giugno 2018 e confluiti in Il saper amore (Ab imis, 2018). Le fotografie, dall’alto in basso, sono di Nastya Kaletkina, Tatiana Ivanova e Maria Krugovaya.