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Un sorriso inestirpabile e una vita senza progetto, libera come l’aria.
Posso accontentarmi? No, non posso. Riesco comunque a essere il me stesso che vorrei? Sì, immensamente.
In guerra verso le mie contraddizioni e in pace con le mie soddisfazioni, respiro tutto il possibile.

Che la vita possa amarvi come la volpe furtiva dell’altra sera che ha sostenuto il mio sguardo senza scappare.

Mettetevi la bile in pace. Solo la morte ucciderà i miei entusiasmi.

Ciò che non capiscono le donne disattente che m’incrociano, è che io ormai sono al di là del bene e della fica. Ho scopato davvero abbastanza nella vita per essere uno che vuole perdersi nell’alienazione delle pretese altrui. Io secerno entusiasmi, non sentimenti.

Voglio scoparmi tutta la poesia del mondo.

[a L.] I tuoi occhi, per me, sono senza rimedio. Rendono affatto inutile la parola redenzione. Proprio per questo, dovrò assumere la fermezza degli ulivi, la cautela feroce della faina. Non voglio ritrovarmi a vomitar stelle fra le pieghe dei sogni. Sarebbe disdicevole fallire la poesia.

Un improvviso vuoto nella gravità del corpo: stare a contare le mancanze del destino come se fossero formiche in processione, con la voglia di schiacciarle tutte, con la tentazione di mettere una pietra al collo di ogni desiderio.
Poi passa. Passa tutto. Anche il mio desiderio d’uccidere il desiderio: stronzata puerile, lo so, di chi prova a nascondersi inutilmente dietro il suo sesso eretto.

 

Sedici-diciannove luglio duemiladiciotto. Fotografia: Atta Kim.