[Affinità erettive tra potere e cazzo]
(…) Ma per quale motivo tu arrivi a piacermi? Che cosa ti porta a incarnare e a riempire di sangue il mio desiderio? Qual è la molla che me lo fa rizzare deponendo a favore del mio desiderio, del nostro desiderio reciproco?
Come si noterà, generiamo ancora questioni, ancora e sempre questioni. Sembra quasi che le domande scatenino l’eccitazione – la spavalderia del desiderio – e che l’eccitazione stessa, a sua volta, infittisca le questioni rendendo sempre manchevoli le risposte che ci diamo.
Interroghiamoci comunque su ciò che affiora, sulla critica che mettiamo in pratica per realizzare un senso, una selezione delle esperienze, e impariamo altresì a sfrondare l’inessenziale e a evitare i vuoti di sangue dei nostri corpi.
Finché usiamo parole e segni di qualche genere per rivolgerci agli altri, ci limitiamo a comunicare loro qualcosa e a mantenere la nostra comunicazione dentro una distanza, un distacco. La comunicazione, in altre parole, ci consente di attraversare il territorio che abbiamo in comune con gli altri senza dover ridurre necessariamente le distanze che ci separano da essi e senza che si sia costretti a una fisicità del contatto, a una materialità immediata del rapporto. La comunicazione è lo spazio comune della mediazione. Riduce i vuoti del senso, non le separazioni originate dal senso stesso. Nel perimetro della comunicazione, tutto può avvenire – e avviene – per il tramite di strutture rappresentative, linguistiche, ecc., che sono altrettante protesi del senso. Alcune manifestazioni del vivente sfuggono però a queste manovre, vanno al di là di ciò che se ne potrebbe rappresentare e chiedono a gran voce una negazione di tutte le distanze e di tutte le cautele. Le tumescenze erettili di natura erotica ricadono senz’altro in questa tipologia di eventi. L’erezione annuncia, enuncia e rappresenta l’avvento del desiderio carnale, ma non si accontenta di essere mediazione; chiama infatti alla soddisfazione, al godimento di ciò che l’ha provocata. Resta quindi parte di un concatenamento che si vuole materiale, e teso ad abbattere ogni mediazione immateriale, rappresentativa. (…)
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Opera (olio su tela): Alexander Mikhalchyk, The tower of Babel, 2019.