L’affetto era il motore del desiderio, la gloria mai vana della ricerca, le scarpe della festa calzate da una seduzione giocosa, rispettosa.
Avevamo la grazia di tenerci per mano anche nella scarsa parsimonia dell’amore e sapevamo trasformare i desideri ancora incerti in qualcosa che si potrebbe chiamare dimora o compiutezza o fiducia.
Come un’alba in pieno smarrimento, la poesia bussava ai nostri occhi e ci faceva gioire finanche per le contraddizioni messe in comune.
Tentammo quindi la primavera. L’aria era buona. Le rondini volavano alte. I semi sembravano più vivi delle parole. Ma sotto gli ulivi finì per accamparsi solo un proditorio autunno.
A quel punto, sarebbe stato ridicolo far finta di amare la morte dell’amore per scampare al rimpianto. Avevamo giocato seriamente per vincere l’origine del nostro amore e potevamo ritenerci oltremodo fortunati.
Nell’abitare un destino, fino all’esproprio d’ogni speranza, non eravamo mai stati stranieri al corpo dell’altro.
Laureana Cilento, 3-4 luglio MMXX. Fotografie: Katia Chausheva.
Le parole non sono pragmatiche, non hanno quasi mai forza di fronte all’agire pratico dell’uomo. Ma la parole spesso, per chi ne è affine, sanno essere rifugio e cura dell’anima, per avere quindi la forza nella vita reale. Ti auguro buona serata.😊
Bella notte a te.
Bellissime parole!😊
Grazie, Eleonora. Peccato che le parole non siano sempre sufficienti a fare da tetto a un amore, a un tentativo di bellezza. Si spera però che facciano da luminoso promemoria per le prossime pretese.
Che bella, come seguire tutto l’arco meraviglioso dell’arcobaleno e non vederne l’origine e la fine che restano inspiegabili ma senza nulla togliere alla magia.
In effetti, queste mie parole celebrano una fine che vuol essere un nuovo inizio. Sto cercando una nuova acqua.
Buona fortuna, per tutto.
Grazie. Che sia più che buona anche la tua.