a Silvia Fera
Essere lo sconcerto della tua pelle e assediarti le labbra sotto i cieli più cari al nostro dubbio. Tenerti per mano mentre l’umanità si estingue lasciando l’universo ai gatti e alle comete. Smetterla di coniugare invano il verbo volere. Fare poesia con te infilandoti due dita nella fica per poi leccarti fino alla morte dei nomi.
La dialettica del desiderio comune e la gioia degli smarrimenti inutili: ecco da cosa saremo irretiti affrontando insieme l’amore contro il Negativo.
Fedeli alla magnificazione del sensibile, non moriremo stupidamente nella mediazione sociale dell’eros.
La dismisura della gioia sarà l’esperienza della rivolta contro l’eternità di un dio bastardo. Patetica e bellissima, la nostra filosofia di carne in tempi di guerra sarà il fondamento dell’amicizia e dell’ostinazione.
Protostelle
negli occhi.
Protostelle
nelle tette.
Protostelle
nei diti primi delle mani.
Protostelle
tra le gambe
– là – dove mi piace con la lingua.
Protostelle
nei ginocchi.
Protostelle
nei pellicini morti dei piedi.
Sono tutta un cosmo
in espansione.
[ Silvia Fera ]
Compromettersi di fronte all’eternità, esentare ogni causa prima, trovare nutrimento nella distruzione dei facili ripari.
Che brutta faccenda diventar servi dei propri limiti e tremare al cospetto dell’imponderabile!
Il tuo vangelo di carne fa urlare ogni mia parola e anche Dio si masturba sui tentativi di salvezza della materia.
Nessuna salvezza, nessun rifugio. L’animale ferito dalla grazia urla in piena vita e il suo sesso non cerca alcuna redenzione. Due lupi, sul bordo della costernazione, incastrano le loro nature sotto un cielo attonito. Anche le querce si torcono in attesa dell’esplosione, anche le loro linfe si presteranno all’emorragia.
Una traccia di pianto secco sulle scale per la grazia. Un bisogno d’urlare tra le braccia del bosco. Un perdersi, un credersi. Una ricca violenza a donarmi la certezza di vivere.
Mentre le mani afferrano e il fronte si rompe, mi riuscirà d’avere una tenerezza per ogni ramo e una cautela per ogni sangue?
L’innocenza è il tuo miracolo, la tua condanna. Non mi sbaglio in niente se dico che tu sei l’essere umano più innocente che io abbia mai conosciuto. Gareggi con gli animali del bosco, coi fili d’erba che nascono fra gli interstizi del marciapiede. Sei talmente innocente da trovar morale la tua stessa morte e da far sì che i tuoi tentativi di smarrimento, tutti i tuoi tentativi di smarrimento, appaiano casti, luminosi, persino quando hanno a che fare con gli abissi della carne.
Ora, a partire da quella che mi pare un’evidenza sovrana, io forse ti merito? Io che pretendo una fedeltà intransigente soltanto alla nostra poesia, posso meritare la purezza quasi intollerabile (stavo per scrivere: quasi indecente) del tuo sguardo?
26-29 settembre e 3 ottobre 2022. Fotografie: Lionel Hug.
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Avvisa per cortesia Silvia Fera che le ho rubato Protostelle per il Domenicale del 4 dicembre prossimo
La fanciulla è d’accordo. 😉
Lieto che lo sia
P.S.: ovviamente è suo il testo in versi. Il resto, in grassetto, è farina del mio sacco. Sottolineatura sicuramente pedante.
mi linito ai versi, grazie