L’essere che ispira mi ha detto:
Sono colui che freme.
Sono colui che rompe,
Che scivola, che striscia.
Sono colui che rende.
L’essere che trasporta mi ha detto:
Sono colui che termina,
Colui che toglie, colui che lascia.
Ebbene! e tu?
E tu, mio pari, perché ti misconosci?
Io siedo come giudice,
Mi accovaccio come vacca,
Penetro come padre,
Partorisco come madre.
E tu, che cosa aspetti?
La tua fogna attraversa la Casa Reale.
Seimila lame di parole hai in bocca.
Debole, tu dici.
Chi è il debole, attraversando i quattro mondi?
Io sono l’uccello. Tu sei l’uccello.
Io sono la freccia impennata con piume d’uccello.
Io volo. Tu voli.
Io remo. Tu remi.
Noi remiamo tra le mascelle del cielo e della Terra.
Io rompo
Io piego
Io scorro
Io mi appoggio sui colpi che ricevo
Io gratto
Io ostruisco
Io obnubilo
Io faccio retrocedere la marcia dei vivi
E tu, che ti sai in abbondanza nella miseria,
Tu,
Almeno per la tua sete, tu sei sole,
Sparviero della tua debolezza, domina!
Guarda:
Io faccio volteggiare la donna
Io lincio il vecchio
Io inebrio la radice
Io galoppo nella mandria delle giraffe
Io sono il guerriero paracadutato
Io sono l’orecchio quando c’è rumore
Io inganno, io attraverso
Io non ho nome
Il mio nome è dissipare i nomi
Io sono il vento nel vento.
Io sono colui che partorì gli dèi
Nel mio bacino furono creati
Dal mio bacino furono scacciati.
Io rovino
Io slogo
Io sfascio
Ascoltando me, il figlio strappa i testicoli al Padre
Io degrado
Io sconvolgo
Io sconvolgo
Con la testa nei suoi tarocchi i miei cani divorano la cartomante.
“Épervier de ta faiblesse, domine!“, in: Épreuves, exorcysmes, 1940-44. Traduz. di Carmine Mangone.
Mi schianta.
Devo ammettere che questo Michaux ha riscosso dei grandi entusiasmi.
In tutta sincerità, non mi aspettavo una cosa del genere. Il che mi incita a rincarare un certo tipo di poesia e a rilanciarla con gioia.
Grazie. Grazie di cuore.
Che violenza sia.
Sempre grazie, per le tue traduzioni.
Sconoscevo Michaux.
Un grazie di cuore a te che leggi.
oddio. Mi si sono riempiti gli occhi di lacrime
Quando la parola si ricongiunge alle acque primordiali…
Hai presente il saracchio, quell’erba che nella tua Lucania si chiama “tagliamani”?
Ecco.
Ci sono parole che sono “tagliamani”, eppur verdi.
e’ il sapere sentire il taglio alle mani e il verde
che mi fa piangere. Non so se sia una buona cosa piangere per una poesia, pero’ accade.
Accade che si possa piangere. Senza cadere. Anche per parole differite, per segmenti di potenza.
Accade.
E significa che siamo ancora (per i) vivi.
fantastico!
ma che blog!
che miniera!
Non conoscevi Michaux? Uno dei più grandi poeti e sperimentatori del Novecento. Credo che l’Adelphi abbia ancora in catalogo un’ottima antologia: “Brecce”; l’unico difetto (per me decisamente macroscopico) è la mancanza dei testi originali a fronte.
condivido…
L’unico difetto (per me decisamente macroscopico) è la mancanza del testo originale… di lato, o in alto, o in basso. Dove vuoi tu. No, ce n’è un altro. Un traduttore cita sempre le versioni precedenti, una tra l’altro si trova nell’ “ottima antologia” da te citata. Detto tra noi: cambiano due verbi e/o tre aggettivi…
Caro Alfredo, anziché vergare un commento sostanzialmente inutile, qui potevi incollare il testo originale e illustrare le tue varianti di traduzione. Ne avremmo beneficiato tutti: io, tu e i miei/nostri lettori. Non credi?
D’altronde, si potrebbe spulciare qualsiasi traduzione e trovarvi qualche imperfezione a partire dalle nostre inclinazioni, idiosincrasie personali, tasso di bile in circolo e così via. Ti devo forse sottolineare l’ovvio?
Ho dato poi le indicazioni minime per giungere a verificare la mia versione rispetto al testo originale, e tanto basti. Questo è un blog, e in quanto blog è un canale particolare, con le sue specificità e la sua tipologia di lettori, non è certo una tesi di laurea, né tanto meno un antro solipsistico per accademici. Ma qui, dal mio punto di vista, siamo davvero nel novero dell’ovvio.