Lo so che non sappiamo e che questo ci farà ridere come matti. Il tuo respiro è la mia algebra d’aria. Ne abbiamo convenuto. L’abbiamo anche azzardato. I patti tra me e te sono nuvole nere che s’infrangono contro il pensiero dell’uomo scatenandone rovesci senza scampo.
– La potenza di un libro sta nei suoi limiti, nel suo essere sempre in difetto di un potere. Sono le insufficienze dell’opera a lasciare la porta socchiusa.
Ogni parte di te è una mancanza di facilità, il che m’impone una lealtà senza legge verso quell’unione che si addensa indocile nel nostro violento divenire.
– L’amore fu scritto, ma il suo avvenire non finirà con ciò che se ne legge. L’amante che scrive è sempre un devastatore dell’eternità, perché abbandona alla scrittura ogni possibilità d’assenza.
Apparteniamo alla presenza, non al tempo. I nostri corpi, movimentati dalla ricerca, nutrono il desiderio di sapere ogni morte della conoscenza. Al vaglio di oscillazioni, battiti, maree. Il ritmo emerge e si fa chiamare «abisso». Paradosso mortale, cristallino, che spinge la nostra vita oltre i limiti banali di questo luogo, di questa stessa frase.
– Per avere delle grandi visioni, mai smarrirsi in troppi occhi. Ho cullato per anni un me stesso inestirpabile. Nessuna ruga perverte il mondo. Avrò sete, il destino è irriferibile; non quanto i germogli della primavera, suppongo.
22 aprile 2012
Foto: Chevalier de la Barre, le corps acéphale qui s’enferme dans le monde brut, 2006. Frammento testuale confluito in Quest’amante che si chiama verità (edizioni Gwynplaine, 2014).
Non volevo esprime un giudizio nè sottolineare limiti. Per carità. Era una semplice inserzione. Ora chi si inserisce sulle inserzioni non so … ma e’ stato solo un pensiero spontaneo il mio e nulla piu’. Ci mancherebbe.
… quelle di chi ti legge sono osservazioni. Poi possono o meno inserirsi ….
Chi viene osservato dalle osservazioni?
Non indugiare sulle carenze, ma sulle sponde.
Personale … sorry!
Ciao. Era da un po’ che mancavo. La complessità dei tuoi pensieri si muove velocemente verso una sintesi pulita, e di conseguenza piu’ chiara. Sempre persona, con quel gancio criptico che e’ la tua firma, ma certo piu’ fruibile.
Se mai ci interessasse la fruibilità. L’appropriazione indebita e’ sempre auspicabile rispetto ad una comprensione facile.
Attento pero’ a non fare della frammentarietà un tallone d’Achille.
Se mai possa interessarti cio’ che penso! 🙂
Ma sai, cara Mimì, bisognerebbe prima intendersi sull’idea di “frammentarietà”, di “frammento”, ossia, più precisamente, sulle economie di scala del pensiero da prendere come riferimento per una eventuale generalità o unitarietà che faccia da segnavia (da intendere qui come forma di unità solo tendenziale).
Per me, ad esempio, ci sono romanzi che possono rivelarsi più frammentari di un distico e aforismi che mi dicono molto più d’un intero saggio post-moderno. Dipende dall’idea che abbiamo dell’unitarietà di cui sopra e dalla nostra pratica del suo flusso nella quotidianità.
Facile, eh?