Se l’affetto va così oltre da rovesciare gli schemi della necessità,
allora colui che ama
crea mondi senza proporzione
e non lascia alcunché di necessario alle ostinazioni dell’identità.
La possibilità astratta che era l’Io
si scioglie nell’emergenza di un mutuo volersi
(che è sempre l’unicità di un’intesa, nonché del conflitto tra un amore e
le impossibilità dell’amore),
vale a dire > deframmentazione | reciproco avvalersi | morte del valore dentro lo scambio | rose bianche | ambush pattern
(che è anche e sempre l’unicità di un conflitto,
nonché dell’amore bassamente metaforico tra una
stella che collassa e la supernova che sarà
– facciamo a turno, eh!).
Il che non ci ferma affatto alla rinnovata comunanza
– pur rendendoci comuni in una nuova fermezza –,
perché la parte toccante dell’ingovernabile, ossia l’immediato viversi dell’affetto, è precisamente quell’esperienza che ci apre alla morte della necessità e al divenir comune del movimento.
Anzi, il divenire è proprio quest’andamento che ci allontana dalla rigidità, dalla costrizione reciproca,
benché in un fluire appassionato dentro un comune rigore.
Nessuna strada ci tiene più.
Alcuni corpi sono d’ostacolo.
Il nostro andare è come un uccello migratore che non sempre ritorna.
L’amore non è una meta.
Bisogna saltare ben oltre lo stesso pensiero del balzo.
8-9 luglio 2013.
Illustrazioni: l’originale e un détournement (operato dal Kalashnikov Collective) di una foto di Diane Arbus.
L’ha ribloggato su Non sono una blogger.
può darsi che in quanto orientalista e filo-junghiano io sia già un po’ “iniziato”.
ma al di là di questo trovo interessante la “forma”, meno chiusa di un aforisma classico, una vera sperimentazione..
un rigore visionario che cattura.
Devo ammettere che il tuo commento mi soprende. Non ritengo infatti che i testi che vado scrivendo in questo periodo siano particolarmente facili, anche perché – in modo deliberato – non si affidano ad un “genere”, ad una struttura familiare, letterariamente obliterata.
Detto questo, ne sono comunque lieto. Vuol dire che la strada imboccata non è un vicolo cieco e che l’andamento attuale (come speravo) non è affatto autistico o isolazionista.
Se gli altri entrano nei miei testi, significa che lascio ancora le sufficienti aperture per farli entrare, per farli accomodare. Il che non significa certo che gli arredi debbano essere acriticamente di loro gusto. 😉
se anche dovessimo intrufolarci strisciando contro le anguste, graffianti, buie pareti, tenteremmo comunque.
Contaci.