La letteratura tende all’universale con
lingue sempre minori.
Il che potrebbe anche significare che ci
siam persi abbastanza alla ricerca di segni non passibili di emendamento.
Ora basta.
Il rapporto orale era, in tal senso,
più negatore della traccia,
più fondatore,
benché non producesse niente.
Ma qual era il senso?
Quando mi preoccupo dell’incultura del lettore,
pensando con amarezza ai pompini elusi e alle lingue
mai abbastanza morte, sgrano imperturbabile una parola di
scarsa devozione.
A questa mia leggerezza non bisogna però augurare altro che
l’impulso a gravare maggiormente sulla vostra mediocrità.
Provate a mettervi nelle mie parole:
dovrei forse misurarmi sull’idea ignobile di una durata,
di una felicità da comprare?
Sapete com’è,
l’impensabile approccio allo spazio letterario,
il nichilismo da ragionieri
e tutta questa stolta décadence,
ve li potete pure ficcare nel culo,
il che è come un “di fuori”,
come un “altrove” che certamente ve ne distoglie,
e dal quale
tuttavia
non potete distogliervi.
[ Ma insomma,
qual era il senso della presenza se non l’apertura che
ci aveva inghiottiti lasciandoci liberi di creare un intero mondo? ]
7 settembre 2013. Illustrazione di Franz Falckenhaus.