Nel 1993, vedeva la luce la mia prima pubblicazione “ufficiale”. Si trattava di una raccolta di versi dal titolo Anche ieri ho dimenticato di morire, edita dalla TraccEdizioni di Piombino.
La stesso insieme di furibonde poesiole fu successivamente inserito, con qualche significativa variante, in Incastrato tra fuoco e lacrime, volume uscito nel 1998 per i tipi di City Lights Italia (casa editrice di Firenze, che si voleva come una sorta di emanazione nostrana dell’omonima e ben più nota libreria e casa editrice di San Francisco, ossia quella legata a Ferlinghetti e alla beat generation, corrente con cui, peraltro, non ho quasi niente da spartire).
Otto anni fa, infine, ho rivisto quei frammenti e vi ho aggiunto una breve nota, nonché svariate illustrazioni, confezionando un ebook gratuito per la Maldoror Press.
Vi elenco di seguito i link per scaricare la versione digitale:
Maldoror Press | Scribd | Archive
Gli autori delle opere visuali sono: Lory Ginedumont, Mimmo Padovano, Marco Castagnetto, Roberto Matarazzo, Pietro Scanu, Barthélémy Schwarz, Patrizia “Pralina” Diamante, Giada Zenardi, Soukizy Redroom, Alessio Liberati, Roby Phc Ferrari e Donatella Vitiello.
N.B.: il presente articolo è stato aggiornato nel dicembre 2018.
https://www.goodreads.com/book/show/15760408-anche-ieri-ho-dimenticato-di-morire
Poesie.
Mangone scrive poesie anche o soprattutto, non so.
Poesie strane, fuorvianti, non erotiche solamente.
Esplicitano con parole molto chiare o ‘sporche’ il sesso, generando immagini più o meno odoranti (adoranti) d’amplesso. Sesso ‘basico’.
Fuorvianti perché sono anche un grido, del poeta che vuol comprendere il ‘se e come oggi’, il ‘quando e perché’ faccia poesia.
Fuorvianti perché a volte a parole e a pugno alzato, protestano l’incomunicabilità che nei versi si accentua e si consuma.
Non solo coiti, non solo l’enunciare o l’annunciare culi e stelle spermatiche, ma un primo tentativo di ritrovarsi in un corpo ‘altro’, superando lo spazio ristretto di un orifizio, mezzo per superare separazione, l’ennesima, per riempire vuoti e tempi neri nell’attimo che ci estranea, per poterne essere toccati e vissuti, forse ricordati, ma questo è sempre un rischio.
Fuorvianti perché urlano quella che si crede debba essere la propria essenza e il proprio stare, insieme alle parole, nel mondo.
“Se abbiamo ancora bisogno dei poeti
è perché non siamo liberi
la morte tocca il fondo delle cose
raggiunge la sorte
il capolinea della stupidità
io non sono docile
ho il pugno sotto le diverse parole.” (pag. 36)
Ah…anch’io ieri ho dimenticato di morire quando malleoli deboli mancata la posa, angelo caduto infine, sollevandomi in resa: carne recisa, in attesa, ospite ingrata di placche e viti a congiungere parti, a pensarsi uniti. Nasorosso.