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architettura, deriva, Formulario per un nuovo urbanismo, Gilles Ivain, Guy Debord, Internazionale lettrista, Internazionale Situazionista, Ivan Chtcheglov, psicogeografia, urbanismo unitario
Gilles Ivain, Formulario per un nuovo urbanismo, versione integrale, a cura di C. Mangone, prefazione di Leonardo Lippolis, Nautilus autoproduzioni, Torino 2014, 32 pp., tre euro.
Il Formulaire pour un urbanisme nouveau di Gilles Ivain (aka Ivan Chtcheglov), decurtato di circa un quarto del testo complessivo, fu pubblicato originariamente nel giugno 1958 sul primo numero della rivista Internationale situationniste (cfr. Internazionale situazionista 1958-69, Nautilus, Torino 1994, pp. 15-20).
In calce a quella versione compariva la seguente dicitura: «L’Internazionale lettrista aveva adottato nell’ottobre 1953 questo rapporto di Gilles Ivain sull’urbanismo, il quale costituì un elemento decisivo del nuovo orientamento preso allora dall’avanguardia sperimentale. Il testo presente è stato stabilito a partire da due versioni successive del manoscritto, che comportano leggere differenze di formulazione, conservate nell’archivio dell’I.L., diventate poi i reperti n. 103 e n. 108 degli Archivi Situazionisti».
L’edizione Nautilus riprende, con alcune lievi varianti, parte dei testi inclusi nell’ebook omonimo pubblicato nel 2013 da Maldoror Press, che ha proposto per la prima volta in italiano la versione integrale del Formulario.
Per un’eventuale approfondimento, si consiglia caldamente la lettura di: Ivan Chtcheglov, Écrits retrouvés, Allia, Paris 2006; e di: Potlatch. Bollettino dell’Internazionale lettrista 1954-57, Nautilus, Torino 1999. [Carmine Mangone]
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(…) le città sono geologiche e non si fanno quattro passi senza incrociare dei fantasmi, armati di tutto il prestigio delle loro leggende. Noi ci evolviamo in un paesaggio chiuso i cui punti di riferimento ci riportano continuamente al passato. Alcuni angoli mobili, alcune prospettive di fuga ci permettono d’intravedere concezioni originali dello spazio, ma questa visione rimane frammentaria. Bisogna cercarla nei luoghi magici dei racconti popolari e degli scritti surrealisti: castelli, mura interminabili, piccoli bar dimenticati, caverna del mammut, specchi dei casinò.
Queste immagini desuete conservano un piccolo potere di catalisi, ma è quasi impossibile impiegarle in un urbanismo simbolico senza ringiovanirle, caricandole di nuovo senso. C’era del buono nei cavalli nati dal mare, nei nani gialli del destino, ma essi non sono affatto adatti alle esigenze della vita moderna. Siamo nel ventesimo secolo, benché qualcuno possa dubitarne. Il nostro spazio mentale popolato di vecchie immagini-chiave è rimasto molto indietro rispetto alle macchine più avanzate. I vari tentativi, per integrare la scienza moderna in nuovi miti, restano insufficienti. L’Astratto ha invaso poi tutte le arti, in particolare l’odierna architettura. Il fatto plastico allo stato puro, senza aneddoto ma inanimato, riposa l’occhio e lo raffredda. Altrove si hanno ancora delle bellezze frammentarie, ma sempre più lontana è la terra delle sintesi promesse. Ognuno esita tra il passato che rivive nell’affetto e l’avvenire già morto nel presente.
Noi non prolungheremo le civiltà meccaniche e l’architettura che portano solo a passatempi noiosi.
Ci proponiamo d’inventare nuovi scenari mobili.
Noi lasciamo a Le Corbusier il suo stile, così adatto a fabbriche ed ospedali, come pure alle prigioni del futuro: in fondo non costruisce già delle chiese? Non so quale risentimento abita quest’individuo – brutto di viso e ripugnante nelle sue concezioni del mondo – per voler schiacciare l’uomo sotto ignobili masse di cemento armato, questa nobile materia che dovrebbe consentire un’articolazione aerea dello spazio, superiore al gotico fiammeggiante. Il suo potere di rincretinimento è immenso. Un progetto di Le Corbusier è l’unica immagine che evoca in me l’idea di un suicidio immediato. Sparirebbe per colpa sua ciò che resta della gioia. E dell’amore – della passione – della libertà. (…)
Gilles Ivain