Carmine Mangone, Fuoco sui ragazzi del coro, Nautilus autoproduzioni, Torino, dicembre 2014, pagine 32, euro 3 [tre], no copyright.
* 18 dicembre 2014: recensione di Massimo Argo su In Your Eyes Ezine
* 7 marzo 2015: estratti dell’opera su La dimora del tempo sospeso
* 9 marzo 2015: post dedicato al mio libricino su Words Social Forum (a cura di Sonia Lambertini)
* Nota di Pietro Palatroni sul Notiziario n. 245 (maggio-giugno 2015, p. 8) del Centro di Documentazione di Pistoia.
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Il libro, in tutte le sue forme, siano esse materiali o digitali, non esaurisce alcunché; non giunge cioè a compiere, una volta per tutte, le definizioni o le storie o le possibilità di chi intende lasciare una traccia della propria umanità o disumanità. Il libro è sempre un libro aperto. Anzi, a dirla tutta (e meglio), solo i dispositivi testuali che si vogliono come una breccia, una feritoia, una porta socchiusa, rispetto al lettore o alla mancanza di lettori (che talvolta è soprattutto una mancanza dell’autore), solo tali opere hanno la capacità di risuonare nei territori del sapere, del senso, poiché è proprio la loro apertura, il loro farsi transito, a consentire quella continuità delle esperienze umane che è (facendosi desiderio e recidiva del desiderio) alla base di ciò che ancora possiamo chiamare sapere, senso. Ecco, ogni mio scritto è una recidiva della mia unicità e dei miei rilanci di senso, un modo indiretto per lasciare ogni volta una porta aperta (una lacuna?) a chi volesse entrare ed occupare i miei pensieri, il mio desiderio, a chi volesse installarsi nel flusso degli eventi che sono anche miei, sortendo così degli effetti sulla vita, sulla morte, e compiendo magari insieme, in un attimo splendidamente compiuto, la continuità di tutte le possibili esperienze del vivente. Fuoco sui ragazzi del coro non sfugge a tale ricerca di continuità. Anzi, tra le pagine di questo smilzo libretto, in maniera impaziente e verosimile, c’è tutto ciò che mi ha sempre stregato, e che continua ad ammaliare la mia mente, il mio corpo, la mia unicità vivente. Ci sono l’amore carnale, l’anarchia, la violenza della mia volontà di vivere; c’è altresì qualche tentativo spurio di tenerezza (grande conquista, la tenerezza!) e c’è evidentemente la voglia di giocare con le parole e la retorica nel grande gioco della poesia. E tutti questi elementi sono concatenati, interrelati, rivelandosi allo stesso tempo delle finestre, delle linee di fuga, dei cuccioli che si rincorrono invano vicendevolmente, in un tentativo di narrazione, di storia, che poi è un modo bizzarro per raccontare una grande storia collettiva: quella della rivoluzione anarchica spagnola del 1936-’37. Raccontarla a modo mio, naturalmente, benché nel rispetto degli eventi storici realmente accaduti. Il canovaccio è infatti la vicenda personale di un miliziano anarchico (dalla nazionalità indefinita) che va a combattere in Spagna tra i ranghi della Colonna Durruti. Intorno a questa vicenda, e al suo ammasso di amore e odio, si snodano tutti i miei tic poetici, i miei concetti, le mie irragionevoli sentenze di vita. Ora, se dovessi spiegare il perché e il come di questo libricino mi toccherebbe scrivere decine e decine di cartelle, forse centinaia – e non è detto che io non lo faccia in futuro, anche per il solo gusto di dare ulteriore linfa a quella continuità di fuoco. Intanto, per vostra fortuna (?), vi basti la brevissima presentazione che compare sul risvolto di copertina, la quale dice già l’essenziale:
«– Quanto siete ingenui! Non vedete che la guerra è persa in partenza? Perché vi ostinate ad assecondare un ritmo che non permette conquista e che abbatterà ogni costruzione? – Ingenui noi? E sia! Lasciatemi però dire che voi mettete sullo stesso piano la nostra andatura e i vostri scopi, la nostra potenza e il vostro potere, ma così facendo vi sbagliate di grosso, non potete illustrare la carne viva con parole di pietra, non si può esaurire l’idea del volo con lo sbattere di una mosca contro il vetro. (…) Passano invano su questa terra i vostri droghieri, i vostri gendarmi, le vostre anime pie, non certo quelli che hanno la faccia tosta di sparare sulla morte e su chi le arrota la falce». Anarchia, erotismo e “poesia pratica” nella Spagna rivoluzionaria del 1936-’37. Un racconto ancora ostinatamente aperto.
[ Sera del 13 dicembre 2014 ]
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La pubblicazione [10,5×15,5 cm] ha 32 pagine ed esce senza copyright, né distribuzione commerciale, il che significa che può essere acquistata solo tramite la Nautilus autoproduzioni, il sottoscritto o alcuni distributori “militanti” sparsi per la penisola (squat, librerie “alternative” et similia). La copertina è di Marco Castagnetto. Per maggiori info su modalità di pagamento e spedizione delle copie (Postepay, bonifici, dediche, cotillons, ecc.), vi invito a scrivermi senza indugi alla seguente mail box: mangone.carmine@gmail.com., oppure compilando il modulo che trovate in fondo alla pagina Bookshop. Il costo della pubblicazione è di 3 [tre] euro a copia + un contributo fisso di due euro per ogni singola spedizione (che serve a coprire le spese postali). Grazie.
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