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[ Mucchietti di parole che nascono dalle ore trascorse con gli amici di Avellino il 26-27 dicembre 2014. Le foto, relative alla perfomance tenuta al Tilt! con Felice Caputo alla batteria, sono di PAOLA BRUNO – che qui ringrazio di cuore per avermene permesso l’utilizzo. I riferimenti a persone realmente esistenti non sono e non potrebbero essere puramente casuali.]

 

tilt-mangone-caputo-26dic14eEro partito leggero. Abiti comodi, neri. Pensieri discreti. Un margine solare di rischio. Non potevo prevedere, al mio arrivo, l’esplosione ridanciana del freddo.

Ho abitato talmente tante notti, durante i passaggi di senso e la sperimentazione del destino, da non temere proprio per niente quel sottile strato di brina che si forma a volte sulle visioni estenuate.
Perso per perso, seguo le tracce dell’amicizia e non distolgo le parole.

Tra la barba di Felice si annidano i tepori buoni di certi aggettivi vinosi, nervosi, inteneriti dalla comune mancanza di paura.

Il racconto comincia sempre dove si arresta l’amicizia.

Chiaramente, la tecnica non potrà mai dimostrarci perché quel dato seme germina nel deserto, tra i vuoti lasciati dalle false vite. D’altronde, nessuna oasi sarebbe raggiungibile senza quella particolare concretezza riservata ad un andamento comune.

Anche quando ti reputi da solo – in preda ad una qualche attesa: un’attesa di prossimità, un rilancio di formidabili aurore –, anche quando la gioia rimane un’ospite elusiva e tu ti chiudi a riccio nell’inerzia delle abitudini per non morire di troppa socialità: l’amico futuro è già nel rumore che fanno i tuoi desideri, simili a semi sotto la neve, pronti ad azzannare la prossima primavera.

Preferisco divenir famigerato, anziché essere famoso.

Angie si pone troppe domande. Ritengo per altro che faccia bene. La bellezza e l’amore, da soli, non sono risposte sufficienti.
(Il perché della poesia – della comunizzazione anarchica – nasce dal costruire una forza d’attrazione che possa incollarci al mondo senza per forza dover praticare una morte ad ogni adesione. Una specie di stravaganza del movimento generale, se così si può dire. Un’eccentricità orbitale, una deviazione dal cerchio magico che vuole inghiottirci, conformarci.
Tra Achab e la balena bianca, aver scelto ironicamente il mare).

Poi, dovrete sempre chiedere ad Elena qual è il suo tallone di Achille.

Pomeriggio del 4 gennaio 2015