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FestivalEleMenti2015

 

Una voce, da sola, di fronte a un microfono, che grida, sussurra, accarezza, tentenna. Una voce, quella di Carmine Mangone, che tenta d’imprimere parole ed emozioni nei corpi di chi ascolta e vuol farsi toccare.
Un reading inedito, di oltre un’ora e mezza (anzi, quasi due), scaglionato in tre interventi, su tre serate. Venticinque anni di poesia, anarchia e amore ripartiti in tre tappe. Una sfida. Un’opera messa totalmente a nudo e rovesciata come un calzino. Un modo per creare un percorso, una situazione, una continuità attraverso le giornate del festival.
Le parole di Mangone sono come scintille alla ricerca incessante del prossimo incendio. D’altronde, i suoi temi rimangono ottusamente gli stessi da oltre cinque lustri: l’amore carnale, la ricerca della gioia, la sovversione anarchica dell’esistente – quasi a formare un ritornello, una litania senza fine all’insegna di un continuo movimento, di un continuo “giocare col fuoco”.
Come scriveva il poeta statunitense John Giorno: “Per risplendere devi bruciare”. Ecco. Ci toccherà allora bruciare per tre notti con le parole di Carmine Mangone, inseguendo gioiosamente i mulinelli di fumo e tentando di condividere con tutti gli altri i nostri rispettivi splendori.

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Leggere ad alta voce, leggere qualcosa per una moltitudine presunta o reale, declamare, chiamare a sé, invocare un senso, oppure sussurrare, provocare, blandire teneramente o prendere per la gola il desiderio degli altri. Non credere di avere di fronte a sé un pubblico, bensì i possibili amici di ieri, oggi, domani. Per me la poesia non è solo un mucchio di belle parole, ma una relazione tra viventi che rinasce ogni volta come desiderio da compiere insieme. Abbattere le separazioni tra me e il mondo. Andare al di là dello spettacolo, anche. Scendere letteralmente tra le parole, tra la gente. Usare la voce senza usare chi mi ascolta.
Io uso i verbi all’infinito, come forse avrete notato, voi ci mettete la coniugazione, la possibilità dell’amicizia.

Vado ad Avellino con l’intenzione di scandagliare venticinque anni di vita, venticinque anni di parole, amori, costernazioni. Ci vado con gioia, con l’intenzione di divertirmi e di divertire. (Quando Felice Caputo dell’associazione EleMenti mi ha proposto di tenere un immane reading ripartito in tre notti, ho accettato con grande entusiasmo). Apparentemente userò tante parole. In realtà, arriverò al festival EleMenti 2015 con un immane lavoro di potatura.
Con la massima apertura possibile, l’essenziale dovrà essere provato insieme a chi vorrà starci. E in certe situazioni bisogna accontentarsi solo del massimo. La gioia non è un giocare al ribasso, non è mai e poi mai un fare economie. [C.M., 4 luglio 2015]



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nessuna prefazione
vi aiuterà a capire

il mondo è fatto a
triangoli a quadrati a
morti di fame

il sole è alto
la gente crepa all’ultima moda

*

se abbiamo ancora bisogno dei poeti
è perché non siamo liberi

la morte tocca il fondo delle cose
raggiunge la sorte
il capolinea della stupidità

io non sono docile
ho il pugno sotto le diverse parole

(Anche ieri ho dimenticato di morire, 1993)

 

Mangone-Itri-Muviments-29dic14

 

*

chiuso in un cassetto del
corpo l’amore fa tic tac e
si prepara alla sedizione

allora
porto a pascolare le mie voglie
e m’invento una nuova euforia per
farmi beffe del vuoto

i tuoi occhi mi stregano
le tue labbra mi pèrdono
le tue mani sono un focolaio di stelle

state attenti amici miei
l’amore è un disastro
arriva con un vestitino leggero
fa le fusa ai vostri giorni
ma vi porta in dote la
sana anarchia dell’intemperanza

(Al centro esatto dello stupore, 2007)

*

un letto di aggettivi disfatti
non può radicarsi nella notte

le lenzuola galleggeranno per
sempre
sporche d’inchiostro
nel mare in burrasca dei tuoi giorni

vendetta di rose
sul pallido dildo della morte

(Mai troppo tardi per le fragole, 2009)

*

andrò incontro alla morte
vestito di tutti i corpi che ho amato davvero

la mia morte è una bambina dispettosa
una troietta che ti tira i
capelli e fa le boccacce ai passanti

non si attraversa il proprio sangue invano
quando ci si accoppia con la morte degli altri
sarà puerile
ma io anniento la mia sofferenza offrendola al vento dei
tuoi ansimi
e ad ogni corpo che ci apra all’impossibile

mettere a quattro zampe il destino
inculandolo con amore
questa è poesia

(Non me ne frega un cazzo della letteratura, 2011)