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Un paio di passi tratti da Il corpo esplicito, una mia breve storia critica dell’erotismo occidentale, pubblicata dalle edizioni Paginauno nella primavera 2017. Seguendo il tag < Pierre Molinier >, potete ammirare altre opere del pittore e fotografo francese.

 

 

(…) Nel mondo erotico del terzo millennio, il cazzo non esaurisce il sesso del maschio e la vagina è solo una parte del sesso femminile: bocca, capezzoli, culo, mani, pelle, sguardi, parole d’amore, parole oscene, giocattoli erotici: sono solo alcuni dei tanti elementi di un erotismo senza più gerarchie, senza più norma, in cui la rigidità delle convenzioni sessuali cede il posto al gioco, alla sperimentazione, a una tendenziale pansessualità. In questo moto di attraversamento dei sessi e dei generi, ogni inclinazione sessuale è “sana”, “normale”, sempre che si ponga l’obiettivo di costruire intese erotiche ed affettuose senza subordinare autoritariamente nessuna delle parti in gioco. Ad essere “malato”, “sconcio” o “perverso”, risulta semmai il carattere alienante e costrittivo delle relazioni imposte o accettate passivamente. (…)
Pierre Molinier, pittore e fotografo francese, porta agli estremi il desiderio e la rappresentazione del polimorfismo erotico. Travestito, feticista, necrofilo, Molinier costeggia per qualche anno il movimento surrealista (Breton sarà il primo a riconoscerne la potenza espressiva) per poi varare un’opera personalissima, ripetitiva, oltranzista, composta prevalentemente da fotografie e fotomontaggi di carattere osceno. Già a partire dagli anni Cinquanta, Molinier si abbiglia da donna e si autoritrae, con ricco sfoggio di maschere, lingerie, giocattoli sessuali, parrucche, e alla fine riesce a disturbare anche i surrealisti. Gli storici del movimento non sempre ne tengono conto: essersi masturbato di fronte al cadavere della sorella minore Julienne, arrivare a fotografarsi con un dildo nel culo o aver fatto della figlia Monique, prostituta a Bordeaux, la propria maîtresse (giungendo persino a regalarle un bordello!), non ha giocato evidentemente a suo favore. Molinier, per oltre due decenni, realizza una galleria di rappresentazioni erotiche che urtano continuamente contro la moralità e il buonsenso, costruendo una sorta di manierismo osceno, provocatorio e, allo stesso tempo, lezioso, monomaniacale. Nella sua opera, come in quella del tedesco Hans Bellmer, si assiste alla proliferazione iconica di taluni elementi carnali, ricombinati senza posa, in un tentativo di ridefinizione eversiva del corpo. Il desiderio costruisce il proprio supporto, il proprio oggetto: corpi desideranti e desiderati, coi quali si architetta un nuovo “ambiente sessuale”, un nuovo territorio spaziale e psichico, in cui spingere sempre oltre il possibile della materia vivente – e qui bisogna sottolineare quanto i concetti di possibile e impossibile permeino il pensiero contemporaneo, attestando sì una volontà di superamento delle condizioni umane storiche, ma restando ancora nell’ottica di un pensiero trascendentale, benché critico: «Il concetto supremo dal quale si è soliti iniziare una filosofia trascendentale è comunemente la divisione in possibile e impossibile. Ma, poiché ogni divisione presuppone un concetto diviso, dev’esserne dato uno più alto, e questo è il concetto di un oggetto in generale (assunto problematicamente, e senza stabilire se sia qualcosa oppure nulla).» (I. Kant, Kritik der reinen Vernunft, B 346). Gli artisti più radicali tentano di fare del corpo erotico un oggetto generale, decisivo, superiore, ma proprio per questo non escono dall’oggettualizzazione dei rapporti che imbastiscono tra sé e il mondo attraverso l’arte, almeno finché non si spostano sul terreno di una relazione generale con la carnalità comune e gioiosa dei viventi. L’alternativa è restar preda della morte sociale generalizzata, ossia di una sostanziale negazione della comunità umano-femminile. L’uso sovversivo della “perversione” non è sufficiente. In assenza della rivoluzione sociale, la mancanza uccide. Pierre Molinier, come molti altri (Rigaut, Vaché, Crevel) finirà per suicidarsi. Alla porta del suo appartamento, il 3 marzo 1976, lascerà affisso un laconico biglietto: «Io mi ammazzo. La chiave è dal portiere.»; un secondo messaggio, invece, ritrovato su una poltrona Luigi XV, non lontano dal suo cadavere, recitava: «Il sottoscritto dichiara di darsi volontariamente la morte e manda a fare in culo tutti gli stronzi che gli hanno rotto i coglioni in questa cazzo di vita. In fede, firmato P. Molinier». (…)

giugno 2016