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Amanda Charchian, Happy birthday my love, impossibile, l'insopportabile questione delle parole, Sára Saudková
[ Ad Angela. Buon compleanno, tesoro. ]
Vorrei che la mia poesia potesse tacere in tuo nome.
Amare non è inter-dire. E nemmeno ordinare. L’affetto non è un ordine. Anzi, amare è un tentativo (una tentazione) per uscire da quest’ordine, dall’ordine della parola, foss’anche liberandosi da ogni pretesa di definizione.
Amare: questa prescrizione di un destino comune che la parola ha sempre tallonato, perseguito – o semplicemente accolto con tutti i riguardi, pur non potendolo contenere.
Eppure si scrive. E la scrittura vuol rendere conto (ottusamente, teneramente) delle speranze più impervie.
Dentro ogni mia frase, c’è anche la tua bocca.
(Sono mai stato padrone delle mie parole d’amore? Ho mai padroneggiato realmente la loro invadenza, il loro tentativo di mettersi avanti con la vita?
In quanto costruttore di testi, sono un insorto mancato).
Amore, è non pretendere che l’altro si conformi in tutto e per tutto al nostro desiderio. La conquista più difficile, la meno poetica, la più vera: lasciargli un respiro in cui poter accogliere le nostri correnti d’aria.
Il tuo corpo non è una cosa o una sostanza data, ma una creazione, una distruzione continua.
Vincere la paura significa amare senza scopo e morire lontano dai morti.
Ero certo che da qualche parte ci fosse un corpo che avrebbe risposto a tutte le carezze che non avevo ancora dato.
Che cos’è la poesia? La poesia è la carriola con cui ti porto la sabbia per dare un lido alle nostre barchette di carta.
L’affetto trova rifugio nel volto assunto inopinatamente dall’impossibile. Lungo lo snodarsi della ricerca, tu sei la stazione che mi sottrae alle stronzate compiacenti.
Leggo i sentieri come se fossero i sorrisi della terra. Sentieri dove il mio passo dialoga con le stagioni che ti porti in grembo.
[ Dall’alto, foto di Amanda Charchian e Sára Saudková. ]