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seno-rane

 

 

Arrivano giorni in cui non riesco proprio a capire dove va a ficcarsi il destino. Respiro, raccolgo i limoni dall’albero prima che caschino, faccio piani per la leggerezza. Ma intanto se ne va l’agilità del pensiero e mi ritrovo improvvisamente in mezzo al verde, senza più un metodo per sapere. Inutile, vuoto, in attesa di un dubbio che non cadrà.

Se riesci ad unire tutti i punti sul dorso di una coccinella, non per questo possiedi il volo, però ottieni almeno un disegno per calmare il vento.

Smettere di essere Io e diventare tutto il resto.

Non avendo ali, non mi sono mai preoccupato se precipitavo. Ho scoperto che ci sono cuori che cadono su quattro zampe come i gatti.

Ogni tanto urlo. Gli altri non sentono. Ma io ogni tanto urlo. È una questione d’amor proprio. Metto in fila le parole e le bombardo a tappeto. Mi faccio il vuoto dentro ed urlo. Passo in rassegna ogni mio desiderio ed emetto sentenze di vita per non abituarmi alla soddisfazione.

Per anni e anni, ho gettato ponti ciechi verso gli altri e zavorrato col piombo delle idee la poesia delle gambe. Ho scavato, anziché camminare. Ho cercato un senso nell’opera e non anche un ritmo. Mai abbastanza feroce con le pretese che massacravano la leggerezza, aggiravo le pozzanghere, invece di saltarci dentro a piedi uniti. Ho finito così per inseguire con protervia ogni pensiero di radice trascurando i rami, la potatura e il nido gorgogliante d’ali.

Liberami dal corpo che dura. Creami un movimento che possa sconfiggere la distanza. Giochiamo amorosamente con le questioni che ci sfuggono.

Malgrado le parole infeconde e il molto andare, mi rimane pur sempre un margine di gioia in ogni distruzione. Il compimento abita tutte le zolle smosse, quando si tocca la terra senza bestemmiare il seme.

Fare in modo che ogni parola annusi il culo di quella successiva comportandosi ferocemente con la pretesa di durare dentro la poesia.

Quando giungi a riconoscere in ogni filo d’erba un punto di tangenza dell’infinito – qualcosa che ti parla senza coniugare tempi o il tempo –, una parte di te alberga allora nello spirito battagliero del pettirosso o nella picchiata senza scampo della poiana.
Il pensiero è materia vivente che ama la presenza irriducibile, o non è.

Ogni tanto, sul mio cammino, muovo qualche pietra. Mi basta spostarla di poco, anche di solo qualche centimetro. Muovendo quella pietra, io muovo mondi.
La pietra diventa me ed io divento la pietra. Per pochi istanti, io abito la pietra e la pietra si muove con me.
Detesto la calma indesiderabile delle rappresentazioni. Molto meglio rotolare con ogni destino possibile.

Ciarlano, ciarlano… e intanto la talea di melograno mette foglie e se ne sbatte del loro livore, della loro poesia, del loro cinismo!

Settembre-ottobre 2016

[ Foto presa dal web.]