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Mi hanno detto che non sei più tra i presunti viventi di questo pianeta e che il cancro ti ha sottratto infine alla bellezza dei concatenamenti terreni. Ma per me sei e resterai sempre viva.
Ciao Lyuba. Che le stelle più impertinenti ti accompagnino fino al più remoto corpo a corpo con la Via Lattea. Ti ho voluto un sacco di bene.

a L.

*

Voglio entrare nei tuoi pensieri più arditi.
Voglio starmene col cazzo ritto dentro la tua testa.
Voglio essere la burrasca improvvisa che
ti trova tenera e selvaggia.
Mi possiedi da sempre e non lo sapevo.
Sei la traccia di ogni desiderio,
la lupa intenerita dal pianto del bosco,
la valanga bionda che spazza via l’indecisione dell’inverno.

Non ti negherò mai.

*

Le mie labbra ti cercano fra i
rimasugli del cielo.
La morte demorde,
la lirica inciampa,
e non posso far altro che urlare tutta la poesia inevasa,
tutta questa cazzo di poesia giunta fino a noi
senza uno straccio di redenzione.

*

Restare al di qua del tuo desiderio.
Smaniare alle porte della poesia.
Santificare la pelle che ricopre l’ardore delle nostre parole.
Accettare la mancanza di vergogna dell’universo.
Portare acqua al tuo sesso.
Calpestare le formiche della speranza.
Intristire la morte fra le grandi labbra dell’impossibile.

Luglio-agosto 2018. Foto, dall’alto in basso, di: Alain Laboile, Chris Maher, Lucien Clergue, anonimo. Il primo e l’ultimo testo sono confluiti in Il saper amore (Ab imis, 2018).