Tag
Solo le parole che rilanciano il godimento hanno un loro sesso, una loro capacità di vertigine. Io parlo della tua fica e la tua fica si bagna in me. Io parlo della tua bocca e il senso di questo mio dire lecca e slingua ogni parola, senza ritegno, fino a farmi venire copiosamente tra le mie stesse frasi.
Leccarti la fica è conoscerti veramente, perché in quei momenti smetto di parlarti e comincio a interpretare direttamente le tue fonti.
Posso baciarti la mente? Posso leccarti l’intelligenza? Mi lasci strusciare il cazzo contro i tuoi pensieri più nascosti?
L’idea di toccarti è la manifestazione di una volontà determinata, la quale genera pure le attività che sviluppano quella stessa idea e il cui risvolto poetico, per l’appunto, è il lato toccante dell’intesa.
C’era una bella luce quel pomeriggio. Una luce dorata, calda. Il sole declinava e noi ce ne stavamo in cucina a farci un caffè.
Erano giorni in cui i nostri corpi si cercavano senza posa. L’aria era pregna di sesso. La casa riecheggiava continuamente dei tuoi gemiti. Sembrava quasi che non ci fosse più un mondo, là fuori, e che ogni necessità, al di fuori del nostro desiderio, si fosse infranta contro la vita acerrima.
Bevuto il caffè, prendemmo a baciarci accanto alla finestra, a toccarci, a infilarci le mani dappertutto. Ma quello fu soltanto l’inizio. A un certo punto, decisi di toglierti le mutandine, ti misi a sedere sul davanzale e cominciai a leccarti.
Non so per quanto tempo andammo avanti. Non ricordo quanti orgasmi avesti. So solo che fu il più grande cunnilingus mai entrato in una poesia.
Se mi chiedi delle stelle, io prendo a leccarti le labbra. Se uccidi in me il dubbio, ti accarezzo i pensieri e do riparo alle nostre contraddizioni più belle. Se slacci la mia mente, mettendone a nudo i limiti, ti regalo tutte le mie verità e le faccio copulare con ogni incertezza del giorno.
Dovrò fare in modo che la tua fica non si smarrisca in mezzo alle parole. Leccarla, accarezzarla. Lasciare che l’intesa critica dei nostri corpi uccida le parole superflue e zittisca il poeta.
- Estratti da: Vieni: tumulto, carezza, stella*nera, 2019. Nella foto: lucerna con presa vulvata e firma del produttore proveniente da una villa di epoca romana sita in Cittanova (Modena).
ultime tre righe: parole sante!
Uhm, non direi proprio. 🙂 Comunque sia, pur non bistrattando la mia attuale “signorina”, sto riflettendo e scrivendo su ben altro (e molto altro) in questo periodo.
procedi, ne hai facoltà
È diventata una fissazione…
No, mai avute “idee fisse” o dipendenze. Di nessun tipo. D’altronde, alcuni talvolta mi dicono la stessa cosa (“sei fissato”) se parlo di punk o di Stirner o di gatti. Evidentemente, il problema del “fissarsi” è degli altri. Si “fissano” su quella che ritengono una mia “fissazione”. Chiaro il concetto?
Non sei per nulla convincente. Problemi tuoi.
Non speravo affatto di convincerti. Ti pare che ora perdo tempo coi biliosi come te? D’altronde m’importa un cazzo di quello che vi convince. Mi divertite, solleticate blandamente il mio lato sadiano, ma le vostre fissazioni non m’interessano. Adieu.
Sei troppo pieno, gonfio di te stesso e non conosci modestia. Beato te.
Sì, assolutamente. Sono fiero della gioia recatami dalle mie tumescenze. 🙂 A quelli come te lascio molto volentieri il rosicamento di culo. Buona vita, se ti riesce.
Non invidio certamente un narcisista. Anzi, mi metto anche a ridere. Ah! Ah! Ah!