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VAGLIO

Più comprende, più soffre. Più sa, e più è lacerato. Ma la sua lucidità resta all’altezza del dolore e la sua tenacia all’altezza del tormento.

Il desiderio non semina né raccoglie, succede e appartiene solo a se stesso. Eppure si propone come il creditore assoluto.

Giovani, nell’immediato, voi soli sapete dire la verità, disegnarne l’iniziale, l’imprevidente sorriso.

Non si contorna, si attraversa. Si crede di passare, si tocca il limite. L’estensione del futuro che circondava il cuore si è ritirata.

Un bisbiglio d’amore, un sussurro d’odio. Non si tirava indietro, sprofondando nel dedalo e nell’invisibilità di un’aspra miseria, di un segreto marziale, così da non sentirli più.

Pigramente si cancellava dal cornicione la favola per bambini della rondine successiva.

INSERTO

Le strade che non promettono il paese della loro destinazione sono le strade amate.

La generosità è una preda facile. Nulla più di essa viene attaccata, confusa, diffamata. Generosità che crea i nostri carnefici futuri, le nostre chiusure, i sogni scritti col gesso, ma anche il calore che una volta riceve e due volte regala.

Non c’è più alcun popolo-tesoro, ma, poco a poco, il saper vivere infinito del lampo per i superstiti di questo popolo.

La pioggia, scuola di crescita, rimpicciolisce il vetro attraverso cui la osserviamo.

Noi chiediamo all’imprevedibile di deludere l’atteso. Due estranei accaniti a contraddirsi – e a fondersi insieme se l’incontro riesce!

In amore, in poesia, la neve non è la lupa di gennaio ma la pernice del risveglio.


Testi tratti da: René Char, Le nu perdu, Gallimard, Paris, 1971, pp. 89-92. Traduzione di Carmine Mangone. Fotografie di Elif Karakoc.

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