Qualcosa scivola lungo la china dei nostri migliori dubbi. Qualcuno suona alla porta di quel destino che non abbiamo mai disertato.
È forse ora? È giunto forse il tempo per non avere più tempo?
C’è una tenerezza che chiede tutto il corpo e tutte le fantasie più ingenue.
Smettere allora di farsi i cazzi di Dio e volgere in gioia ogni spiraglio, ogni santabarbara del pensiero.
Ho abbandonato le mie scarpe strette dietro la
porta di un sogno.
Arriva presto il giorno in cui si smette di
pregare per gli affanni.
A mani aperte,
dovremo cercare occhi affamati di dolcezza,
ambire a un cielo con almeno un’aquila,
lasciare ogni cautela ai guardiani del deserto.
Rondini nella testa, piccoli sentieri di campagna e tracce di volpe in amore della distanza.
La cinciarella non serve me, io non servo la pulce, il Sole non serve la Luna o la Terra, ma tutti noi usiamo la gioia della materia e occupiamo un destino.
Quanta parte del lupo c’è nello scodinzolio del cane? Chi mi riporterà a casa perdendosi con me? Come si dice amore nella lingua delle stelle?
Mentre si dissoda la terra per dare un letto alla gioia dei semi, la donna che sei parla ai miei ulivi e veste le molte invidie del muschio.
Fa buio presto tra i giochi semplici della poesia, ma il freddo non uccide la bellezza del cielo stellato.
Orione il cacciatore ti lecca il muso. Il contratto d’affitto del labirinto è scaduto. Ascolta l’assoluto mondo e non dare credito all’inverno. Io e te, accolti senza paura da una semina colma di rugiada.
18-20 gennaio 2020. Foto: Farah Willem.