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Ogni fiore che sboccia – nonostante la morte, nonostante il molto potere che ci veste d’illusioni – strappa a Dio e ai servi di Dio la protervia dei nostri corpi.
Il poeta non potrà mai nulla contro la poesia che lo uccide. Dovrà solo gioirne e incularsi il destino.

Mentre i barbagianni si accoppiano sotto il tetto in rovina della casa che fu dei miei nonni, io finisco per non morire mai davvero. – Navi vichinghe verso un mondo sempre nuovo, Venere che campeggia nel cielo di Sud-Ovest e un prurito tutto nostro all’altezza della poesia definitiva.

Quello della fica è il sapore particolare di un sapere generale che affonda Hegel e ogni poesia della domenica.

Un lembo di sicurezza
lungo le rive abbandonate dal dubbio.
Un moto selvaggio che
ti ama fino al compimento di ogni seme.

Parola che muore al culmine delle mie mancanze consegnandomi al sollievo fazioso della poesia. Corteccia che abbraccia guerra e neutro senza tradire la terra. Freddo residuo su cui innesto un sole che ti rende l’amica migliore del tumulto. Come se l’intendimento di occhi e sesso fosse al disordine del giorno e confondesse l’eguaglianza indifferente che andiamo combattendo fin dall’origine dei nostri corpi.

Che cosa ti tormenta, mia piccola parola che nessuno pronuncia tranne colei che mi sottrae al coito con la morte?
Compimento. Concepimento. Scrivo sull’acqua per dissetare il corpo che mi resta muto e che non conoscerà alcuna bonaccia.

Se io potessi regalare un’intelligenza definitiva alla poesia, t’accarezzerei fino alla fine del mondo e serberei una fanciullezza per ogni pietra della nostra casa.

 

Laureana Cilento, 13-14 febbraio MMXX. Opere visuali: Anna Malina.