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In rapporto col fuoco che non tradirà le scintille,
ardo di domande incaute e
vengo invaso da ogni tua risposta bambina.
L’enigma cade,
la delusione lavora lontano dalla vita
e i polloni dell’ulivo sorridono anche alla roncola.

Sempre in anticipo di una morte, faccio mio il perseverare che dimentica il tempo e non provo alcun rimorso verso i nostri abbandoni.
Lungo il sentiero, un piccolo riccio mi ricorda che l’amore è un puntaspilli e che la gioia, fuor di poesia, accade ad ogni cicatrice.

L’affetto non ha bisogno di prove, ma solo a condizione di non voler provare nulla a se stessi. D’altronde, sarebbe patetico praticare la vita tentando di cancellare le tracce degli smarrimenti che ce la rendono solo più cara.

 

 

Riflessa nel mondo, una figura: io, indocile, inflessibile, che mi faccio amante della leggerezza.

Senza pensare neanche un pensiero, mi vien voglia solo del tuo culo.

Sul calar della sera, il rumore del tuo sesso si posa dentro la mia testa e mi rimprovera per tutte le economie del giorno che han cercato d’arginarlo.

In silenzio, le parole superflue si sono accumulate contro il mio stesso dire. Ma basta un solo desiderio – una sola ferocia – per ricondurmi alla potatura e al seme che pianta in asso ogni sterile discorso.

Dovremo ricacciare la parsimonia tra le pagine dei libri e spalancare la poesia al candore erotico dell’alba. Apprendere dal trifoglio. Ridere con la scure. Fiorire selvaggiamente contro ogni nondimeno.

 

Laureana Cilento, primo marzo MMXX. Fotografie: Oleg Kulik.