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Jan van Rijn, la conquista della tenerezza, la gioia intransigente, manifesto mangoniano, poesie per la potatura
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Le tante stagioni della rabbia
m’hanno regalato un
sedimento amaro,
inerte.
Avevo conosciuto il
fuoco, le carezze, ma il
cuore della terra rimaneva pur sempre in
castigo.
Oggi so,
credo di sapere.
Varcata la pelle,
comincia il mare,
la scogliera.
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Io non credo al silenzio.
Il silenzio non esiste.
Sento la radice,
il codirosso,
sento la parola che germoglia sotto la lingua.
Mi prendo cura del pensiero che torna a
casa con rami sani, amici nuovi.
Vivere o morire a caso non è mai stato il
contegno del lupo.
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Io vengo dal proletariato,
ma non ne faccio oggetto di vanto.
Voi vi atteggiate a comunisti, ad anarchici,
ma non siete miei compagni.
Voi non state con gli ultimi.
Vi vedo, vi conosco.
Preferite stare col culo al caldo e
governare la ragione da vendere ai poveri.
Prendete la parola e la togliete agli altri.
Parlate di diritti e imponete argini alla felicità.
Pensate che la rivoluzione non abbia a
che fare con le carezze, la tenerezza,
ma solo con le armi spuntate della vostra critica.
Credete nell’idea-cemento-armato,
non nell’idea-vento,
non nell’idea-esproprio.
Siete la degenerazione della fiducia,
il macigno di Sisifo,
la vertenza inattesa della rabbia che verrà.
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Mentre la tenerezza costruisce
piccoli muri a secco tra le parole,
restiamo sempre a un solo cuore dall’esplosione.
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Io non mi rifiuto a questa parola che
ci dice in modo così impreciso.
L’amore
è un catarro distelle,
un difetto di parsimonia,
un salto quantistico fra i tuoi occhi e
l’idea difficile del mondo.
Non volermene per la gioia feroce con
cui t’assedio.
Insieme a te, sarò sempre a un passo dal
tornare a casa.
Laureana Cilento, 20-27 gennaio 2021. Opera: Jan Van Rijn.