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ad Angela Falchi

Stamane ho sentito ridere il pesco in fiore. Eri tu. Era il nostro bacio che riaffiorava. Ottusità di una materia inflessibile che si rapprende in tenerezza e costernazioni.
– Gradisci forse un gioco, un’esplosione?… Che si viva incauti o ci si trascini, la ripetizione indicibile dell’amore si prende cura di tutto. Molte cose andranno distrutte e molte altre torneranno a bussare, tra qualche vita, ai nostri corpi senza più speranza.

Non bisogna mai dimenticare quanto le relazioni umane – o tra sedicenti umani – siano frutto di un teatro, di una teatralizzazione della propria presenza. Ci si costruisce un ruolo per difendere la propria interpretazione del mondo e s’interpreta la realtà, nel senso che la si mette in scena spiegandola anzitutto a se stessi, nell’attesa che cali il sipario su una parte consistente dei nostri dubbi.

Si può desiderare ciò che non si può dire? Le cose desiderano? Il silenzio desidera? Che spinta pulsionale si può rintracciare in una cometa, in un’onda marina o nell’Odradek kafkiano?
Se il desiderio è movimento, anche una pietra rotolante desidera.

Il desiderio possiede gli uomini attraverso il loro desiderare la padronanza della propria umanità. Pur separandosi dalla natura, l’uomo la costeggia incessantemente coi propri desideri.

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Nell’epoca moderna, le parole del desiderio lo hanno trasformato (e ci hanno trasformati) in necessità, rendendo necessario il suo stesso discorso.
Il desiderio è divenuto quindi un movimento locutorio, sé dicente, e, al tempo stesso, assiduamente interpellante.

Obbligo da soddisfare e soddisfazioni obbligatorie: ecco in cosa consiste la necessità che ci fa morire dentro la ricerca di un’opera fintamente immortale.

Amarti come un varco, ritrovando l’innocenza del cielo e delle pietre.

Accanto ad ogni sangue felice. Sotto la notte. Pretendendo una bellezza per la bufera delle parole che ancora non ti ho detto e che da sempre ci nega alla necessità di rappresentare l’amore. La sorveglianza del cuore, la gioia del tentativo: questo belletto che regala una quadratura alla facoltà dell’incondizionato e che sputa – io sputo, io vengo – sulla civiltà ammodo della poesia.

Gli istanti sempre primi di un amore valgono tutta la materia del dubbio. La superficie delle cose trasale. La pelle prepara le risposte per la veglia. Dimenticare l’Io in un cassetto della notte e nascondere le mani sotto le gonne dell’incertezza disputando l’orizzonte ai tuoi mille occhi di primavera.

Annuso le parole che dico male. Tocco le ombre che mi danno poesia. Vengo a te con la coltre magnifica delle mie migliori contraddizioni.
– Saprai mai prendermi nella mareggiata che porta a riva i relitti della costernazione?

Laureana Cilento, 14 marzo-2 aprile 2021. Opere: Gérard Gachet.