Tag

, , , , , , ,

È disponibile il Vol. IX della rivista Neutopia, che ha per tema Il corpo utopico.

Per acquisti: sito della rivista.

Autori: Carla Francesca Catanese, Chiara De Cillis, Cetty Di Forti, Carmine Mangone, Collettivo Montag, Ángelo Néstore, Giulio Pitroso, Valentina Scelsa, Nadeesha Uyangoda, Somma Zero

Illustratori: Kayan Kwok, Cristiano Caggiula, Sang Delan, Nat Gisberger, Christine Kisler, Cybørpunk, Gustavo Amaral, Mìlés, Paolo Alù, Munachi Osegbu, Simona Caprioli, Giannino Dari

Copertina: Simone Biondo

100 pagine, colori, brossura, 14 € (spedizione inclusa)

. . . . . . .

Contiene una lunga intervista al sottoscritto a cura di Davide Galipò. I temi affrontati, tra gli altri, sono il vivente evacuante ed evacuato nel contemporaneo, la violenza e le sua macchina mitologica, Antonin Artaud, il “corpo senza organi”, ecc. Di seguito, un breve frammento.

. . . . . . .

Innanzi tutto, Carmine, partiamo dall’incontro: che cosa accade quando ci troviamo di fronte a quello che Rimbaud avrebbe definito l’Altro?

Accade che ci si ponga delle questioni; questioni che riguardano eminentemente le relazioni che abbiamo col mondo. Esistendo, e dando un qualche senso alla nostra presenza, noi ci poniamo domande, non facciamo che pórci domande, e finiamo così per invitare, per indurre l’Altro a darci, a suggerirci delle risposte, quando non addirittura a infittire le nostre stesse domande. È una dinamica costitutiva – e oserei quasi definire post naturale – del nostro incontro/scontro col mondo.
In una tale dinamica, io mi chiedo, io finisco per chiedermi: se la mia massa di carne, ossa e pensiero, muovendosi nello spazio, urta contro di te, in modo deliberato o casuale, che cosa accade alla nostra materia e alla materia dei nostri pensieri? Quale reazione deve innescarsi per far sì che dal nostro cozzo abbia a prodursi un’intelligenza carnale comune? In che modo trasformiamo i nostri movimenti in un luogo di appartenenza? Con la semplice intenzione? E cosa succede quando lo scontro non genera un vero incontro? Quali sarebbero, in ultima istanza, gli elementi e le dinamiche che rendono “vero” un incontro?
Certo, la verità di una relazione non nasce banalmente dalla qualità dell’evento, ma già dall’esperienza dell’evento stesso. Io incontro l’Altro quando si riesce a sottrarre verità al nostro eventuale scontro. E ciò avviene cercando un’intesa a partire dalle nostre rispettive “verità”, procedendo a braccetto verso di esse, oppure restando, più o meno consapevolmente, in un comune disaccordo, tale però da consentirci la costruzione di un luogo (fisico e mentale) abitabile da entrambi. La formula rimbaudiana Je est un autre, a mio avviso, è proprio lo spazio in cui ci facciamo attraversare sia da una comune riduzione della distanza, sia da un’offerta reciproca (e anche tumultuosa) delle proprie contraddizioni, in modo così da stabilire un territorio comune, abitabile, nonché attraversabile autonomamente da tutti i nostri affetti, da tutte le nostre affezioni. (…)