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il-Mangone-e-Lemmy-2019

a Lemmy [primavera 2016-28 marzo 2022]

Sapevo che te ne stavi andando. Sapevo che la chimica degli umani non ti era più d’alcun aiuto.
Gli animali hanno la loro morte. Non sono posseduti dalla patetica protervia a durare che è soltanto umana. Non muoiono dentro i recinti teatrali di una civiltà.
Avrei fatto a meno, tuttavia, di molte meraviglie per non dover toccare il tuo corpo freddo.
Il freddo della morte è terribile. Terribile. La rigidità della tua morte mi si è attaccata alle dita e non riesco a liberarmene. Ma forse è stato il tuo ultimo dono, mio caro gattone bianco, venirmi a ricordare che tutta la mia poesia serve unicamente ad abbellire un divenire senz’alcuna pietà.
Possa, la terra dove sei sepolto, coprirsi di fiori e non di sterili guarnizioni giustificatorie della materia. Possa, quell’erba che spunterà sopra la tua piccola tomba, fare le fusa ai tramonti e rinascere imperterrita per anni e anni-luce di corpi e perdimenti.

Non trovo pace. Non trovo terra a sufficienza per la mia rabbia. Ho cacciato via la speranza dai miei giorni e costruito orizzonti dove albeggiano soltanto stelle confuse.
Dovrò pulire il cielo dei miei occhi e varcare la notte dell’affetto masticando pietre e foglie di borragine per rifare l’impiantito della gioia.
La realtà è un querciolo che affonda la sua radice legnosa dentro le impurità del possibile. Ammiratelo. Nessun tramonto gl’impedirà un giorno di sorridere anche di fronte alla scure o di metter radici finanche nell’impossibile. Ammiratelo, dunque. Nessun affetto muore per sempre e nessuna notte sarà infinita.

Laureana Cilento, 28-29 marzo 2022. Nella foto: io e Lemmy nel marzo 2019.