a Silvia
I tuoi occhi, nudi come i manifesti della rivoluzione che abbiamo perso, mi fissano dalla prima pagina del destino, dal futuro ingenuo della combustione.
Guardami e non piangere. Guarda e non tacere. Io mi perdo. Mi sanguino. Ma noli me tangere. Solo tu. Solo tu puoi toccare la cenere e celebrare il fuoco. Solo tu custodisci l’ultimo fatale uovo che ruberà la morte e non si perderà alla foce.
L’impossibile è la linea che unisce le parole dei poeti che non ci hanno tradito, gl’incanti che vengono a leccarci le labbra, l’ordito, la mancanza di parsimonia dei corpi, il mondo stordito dagli amori storpi che non possiamo tradire.
Ma ora basta, dammi una mano. Ascolta i semi sotto la pelle. Prepara il bambino. Lascia perdere le stelle. Dammi una mano. Noi siamo qui, oltre, a vivere l’arroganza del sogno, il lussureggiante voler capire, la testarda e premurosa conoscenza della materia cangiante!
L’urgenza dei frutti,
la gelosia dell’edera,
il cruccio miceneo del mare.
Io t’annuso la mente e
imbandisco sussulti.
Il corpo è propizio,
Dio salta un dolore, un colore,
e la casa dell’affetto avrà una stanza piena di virgole,
libellule, tumulti.
Il mio corpo s’imbarca verso l’ottusità migliore del sangue mentre tu mi arrivi come una rondine in un mondo senza più grondaie.
Lesto a salvare la luce del giorno e anche le ombre dell’affetto, sono pieno di scintille pellegrine.
Il tramonto ci accarezza come un destino. Siamo gli esuli che tornano a casa per mettersi a giocare con la polvere rimasta ad attenderli. Spazzo via tutto e ti do un bacio che sa di rosmarino e calce viva.
Chissà, se il giorno del giudizio avrà il tuo odore.
A quale eternità vogliamo appartenere?
Di quale possibile baceremo l’insidia?
Al ramo più alto d’un ulivo
ho appeso il mio ultimo rimpianto.
Tu sei il muschio gentile dell’eventuale,
il corpo che si trasforma in mare,
la valanga di carezze che non risparmia la morte.
Laureana Cilento, 2, 7 e 10 settembre 2022. Illustrazione: Lorenzo Mattotti.