
a Silvia Fera
Tengo fermi i pensieri. Li lego al tuo corpo. Combatto le astrazioni che li pervertirebbero in rozza metafisica. Oggi ho voglia di terra, non di astri. Oggi ho voglia di mordere la tua più intima poesia per lasciarle i segni della mia devozione e non di perdermi nel sogno di un teatrino domestico, di un’apocalisse tascabile. Ho in odio i fiori recisi dal romanticume. Il mio desiderio non è l’agonia di un paradiso.
Oggi vorrei strusciare il mio sesso pieno di sangue lungo il tuo corpo, contro il tuo viso. Accarezzarti con l’indegnità giocosa che è il mio affetto. Guardarti negli occhi e sfrondare tutte le mie antiche visioni. Toccarti e sentire il rumore di fondo dell’universo.
Non capisco cosa mai ci sarebbe da pensare, se non la costruzione e la scrittura di un incontro che possa spazzar via la nostalgia di ogni rappresentazione edulcorata dell’amore. Costruire un territorio in cui la coscienza che ho del mio Io non sappia più a quale dubbio votarsi e dove la mia capacità poetica di comprendere la tua presenza giunga a consegnarmi ai limiti del pensiero, al culmine della conoscenza – non per smarrire le nostre unicità, bensì per farle rinascere ogni giorno in una comune appartenenza alla bellezza ancora possibile.
Perché dovremmo tenere a bada i nostri sessi, quando sono parte propulsiva di quello spirito comune che si fa mondo tra i nostri corpi? Perché mai dovremmo impedirci la delizia rigorosa e delirante che spazza via le banalità della vita, dell’amore, della poesia? Che cos’è la vita, in fondo, se non la logica più intransigente di due o più corpi che si riconoscono negandosi ai vuoti della presenza e allo smarrimento?
I tuoi occhi sono una battaglia gioiosa contro le separazioni. La tua fica è il tripudio di una realtà che sposa persino l’irrazionale. La tua bocca mi parla di filosofie oscene e bellissime contro il dover essere. Il tuo culo, infine, mi fa perdere sovranamente riportandomi a casa.
Laureana Cilento, tardo pomeriggio del 19 settembre 2022. Opera: François Boucher, Ercole e Onfale, 1735.