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Arthur Rimbaud, GLM, poesia contemporanea, poesia francese, René Cazelles, René Char, Viviana Leveghi
René Cazelles, Di terra e di voli, prefaz. di René Char, a cura di Viviana Leveghi e Carmine Mangone, Ab imis, 2024, ebook, testo originale a fronte, illustrato, pp. 39.
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[ René Char ]
Il benvenuto a un libro di poesie si legge sulla mano che lo tende così come nello sguardo che ringrazia. René Cazelles sapeva che le sue poesie m’avrebbero deliziato come un raggio di sole mattutino attraverso una finestra intorpidita dal freddo. (…) Alla fine dell’incendio appiccato da Rimbaud, non sono più gli «orribili operai» ad emergere tra il buio, le ceneri e le pietre, ma ragazzi grandi, selvaggi, eredi del meglio, ossia del nulla. (…) che la loro lotta appena all’inizio conosca almeno la rugiada…
[ Viviana Leveghi ]
Tutto ciò che so di René Cazelles è che era amico di René Char. (…) La ragione per la quale stai per leggere le poesie di René Cazelles è che le parole hanno condotto un lavorìo incessante alle spalle delle nostre vite. Hanno eroso dei percorsi che nemmeno sappiamo indovinare e non riusciremmo a ritrovare queste preziose connessioni nemmeno se potessimo seguire un tale fiume a ritroso. Molto prima del nostro arrivo al mondo, molto prima che il nostro linguaggio facesse amicizia, due uomini si sono riconosciuti nella savana dell’ineffabile e hanno scelto di non essere predatori. Una poesia di ronzii – e fiori che meritano la possibilità di crescere negli ovunque più insperabili delle circostanze. (…) René Char avrebbe voluto questo preciso affetto per il suo amico René Cazelles. È una forma di dedizione postuma che non ha niente di fragile. È consonanza attuale e futura – e include anche la tua storia. Spero che lo stesso lampo ti attraversi il tempo e gli occhi, squarciandoti il cielo del linguaggio. Che la meraviglia possa non risparmiare te che leggi. Che ti condanni alla bellezza, insomma.
[ Carmine Mangone ]
Sappiamo (…) pochissimo di Cazelles. Originario probabilmente dell’Alta Provenza (ipotesi suffragata dai toponimi presenti nella sua opera), ha pubblicato almeno due raccolte di testi poetici scritti in uno stile influenzato chiaramente da Rimbaud e Char. (…) Gli esempi si sprecherebbero. Il suo «Il fallait tout réinventer», tanto per dire, richiama quasi platealmente il rimbaudiano «L’amour est à réinventer» di Una stagione all’inferno. L’impronta di Char, a sua volta, affiora addirittura ovunque. Ciò nondimeno, qui non sto parlando di un limite di Cazelles o, ancor peggio, di un suo tentativo di plagio. Nient’affatto! Qui sto parlando di un tentativo di comunanza tra visioni poetiche affini (…). È ormai da un bel po’ di anni che mi vado chiedendo se ogni idea di poesia non abbia in sé un carattere transitorio, se il suo editore migliore non sia in fondo quel fuoco di stoppie evocato da Char nella nota introduttiva dei suoi Feuillets d’Hypnos. L’idea stessa della poesia – il suo assediare il mondo simbolico per costruire un senso, per darsi a un vento strepitoso – non è forse legata a doppio filo a un’idea di fuoco, di vampa pellegrina? (…) Non sempre la poesia esce viva dai corpi che ne sono sedotti. Bisogna abbracciare gioiosamente (disperatamente?) la propria chance. Sta infatti a ogni uomo, a ogni donna, a ogni vivente, sapersi costruire un destino all’insegna di un’amicizia esplicita verso il mondo. Nessuna sconfitta è mai possibile per chi si svincola dalle ideologie della salvezza. Vivere per saper morire, morire per rilanciare la vita. La ricetta, in fondo, rimane antica e formidabile quanto il fuoco inestinguibile della lotta e dell’amore.

[ René CAZELLES ]
La sera in cui il tuo amore ammutinato, rifiutando di vedere il suo smacco, ha respinto all’infinito il muro che lo soffoca, il fucile che lo combatte, non hai forse imparato che la verità è tragedia?
*
I figli dell’estate hanno abiti brillanti dove fanno il nido le farfalle.
Portano in pugno delle cicale che cantano solo per loro.
Vanno scalzi sui sentieri di biancospino, gli uccelli son presi dai loro sorrisi.
A volte piangono, se vedono i frammenti esaltati dalla rosa sfuggente, dalla rosa che immaginano presente alle radici del loro cuore, come in fondo ai loro viaggi.
Il sale che brilla nei loro occhi è presagio di un messaggio insolito. È già apparso il primo fulmine…
Ô figli dell’estate, stracci d’azzurro, fecondate questa lingua di limo che v’è toccata, salite alle spiagge dal mare aperto, incolti che sapete l’eternità dell’amata, il volto ampio e retto della verità.
L’enigmatica inquietudine che vi tormenta diverrà spasimi e luci, oppure svanirà.
*
Distrutta la simmetria, occorre servire da foraggio ai venti.
*
Vorrei disegnare lo scettro abbagliante di chi mantiene l’equilibrio del caos perfetto, di chi comanda il gioco contraddittorio.
In vista dell’aurora, il primo respiro della terra allerta la mia finestra, ridistribuisce i possibili. Lungo la linea di cresta, l’uccello delle nuvole traccia già la sua radiosa libertà.
La tenaglia allenta la presa. Tutto respira di nuovo. La tovaglia è bianca.
Quale lampada, quale oro commestibile vorresti ancora inventare per la tua anima? Quale morte nuova e ricca? Oggi, povertà è sinonimo di salute.
Il passo dei sognatori vegeta all’ombra delle partenze mai intraprese. È necessario bandire dalla casa i fratelli incestuosi.
Quando il faro interiore, vecchio amatore della solitudine, indicherà l’insolita presenza, io chiamerò in mio soccorso le sane superstizioni.
*
Vorrei che la mia casa fosse come quella del vento marino, tutta palpitante di gabbiani.
Grazie mille!
Grazie a te, Flavio. Buona lettura!