Qui di seguito il paragrafo 11 di Quest’amante che si chiama verità (edizioni Gwynplaine, 2014). Il disegno a corredo del post è di Simona Pocorobba, già apparso in Corpi che amano, ebook siglato Maldoror Press.
Aprendoci al mondo, io credo che la verità non muoia in quanto tale se le viene preclusa la possibilità d’avere un volto.
La verità è sempre un corpo che amo, che a sua volta è la particolare risultante di svariati corpi e intelligenze. Ogni elemento dell’insieme dà estro al tutto e lo esprime in una tensione unitaria che si perde solo quando viene meno il senso condivisibile della loro unione.
L’amore non si sviluppa per il tramite di un contratto tra diverse identità, bensì grazie all’unicità di chi vi si mette in gioco per accrescere la propria potenza non diminuendo allo stesso quella dell’altro.
Quando dico che ti amo, voglio dire che i miei diversi corpi, ossia i mondi che io incorporo e scorporo, si pongono in una reciprocità affettiva e carnale nei confronti delle varie incarnazioni della tua unicità di vivente. Ciò fa della tua unicità un’esorbitanza dei miei stessi corpi, rendendoli più coerenti rispetto al mio bisogno di vita, dignità e avventura.
Uno dei gesti più vicini al sacro cui io possa pensare è quello della donna che si spalancasse la fica tirandosi le grandi labbra.
Di fronte a me, una voragine si apre all’improvviso sotto le fondamenta della necessità. Gli abissi del pensiero vengono rovesciati come un guanto. La tua fica veste il mio cazzo, i miei segni, la mia riducibilità, e moltiplica i punti di contatto tra me e il mondo. Il tuo sesso si rivela così l’incantamento, la tensione unitaria e irrefrenabile che mi lega all’insondabile accrescendomi sia nel corpo, sia nella morte senza fine del pensiero.
Il movimento che ti apre, facendomi esorbitare, raccoglie i frammenti della mia carnalità e li rilega ogni volta in una nuova logica. Il cielo della seduzione è fatto di carne: il sole sorge e tramonta fra le tue cosce, e non soltanto il sole. Bisogna ammettere l’insorgenza ingovernabile della carne, il suo scoprimento che svela le voragini del corpo, ma anche il fondo irraggiungibile del cielo. Tocco le stelle e le posso anche scopare con gli occhi, però mi sarà sempre impossibile staccarne una dal fondale. Stelle e cielo fanno tutt’uno, benché ogni singolo astro porti in sé la generalità del cielo.
Chi sente di amare e non preserva la potenza che nasce dalle relazioni autentiche – chi la riduce a sterile, untuoso potere di sottouomini – perde la seduzione dell’impossibile e le rivelazioni dell’ombra.
Tra i due fuochi dell’ellisse c’è una molteplicità che bacia ogni cosa, ogni pensiero di gloria, in una seduzione dai mille volti che abbraccia i nostri diversi corpi.
Nell’ombra sento l’acqua, l’erosione lenta della carne; e ti sorrido, di un sorriso che non dice nulla, perché anche le parole muoiono, quando il loro destino s’incarna.
L’ha ribloggato su CIANURO EMOTIVO INCHIOSTRO D'ANIMA SINISTRA.
siamo com-penetrati dall’odore del pensiero, si mescola con gli altri odori..è un odore che non afferri, e quando lo stringi tra le dita è già cambiato..è un odore che muove
e che si muove..
Sì, sono d’accordo. L’odore è una sortà di densità del movimento. Qualcosa del genere.
anche il mio olfatto sente odori che pochi sentono, ma io non sono ancora riuscita a descriverli a parole…per questo continuo a scrivere, finchè non li leggerò.
Ma Tu ci sei molto vicino.
Ti leggo.
scrivi testi imponenti…
Non credo. Non so. Non riesco a dire tutto ciò che sento, il mio pensiero stesso a volte mi sfugge. Ho un modo di pensare frenetico, frammentato, che spesso non è dialettico. Difficile stargli dietro con le parole. Le mie parole sono sempre in ritardo. Possono evocare, riecheggiare, il che è già tanto, se ci rifletto. Forse bisognerebbe giocare d’anticipo, ma è difficile; in quel caso occorre mollare un po’ l’erotica per lasciar spazio alla politica.
Secondo me anche il pensiero ha un suo odore. Forse non è impossibile parlarne. Bisogna però trovare le parole giuste, parole che siano avvolgenti, come un profumo.
[Grazie, di cuore.]
In questo turbine appassionato di visioni e destini incarnati, apro una parentesi sul senso di cui sento la mancanza: il profumo, unito al gusto. La Verità, oltre ad avere di volta in volta un viso diverso (anche se è la stessa donna), ha anche odore e sapore, che riconosceresti ad occhi chiusi. Attendo ancora l’invenzione del millennio: l’immagine assoluta, che sprigiona le sue essenze e si fa memoria indelebile e inconfondibile. Nel racconto, tuttavia, è possibile tracciare un’identificazione univoca e plurale, ricamando tutti gli attributi dell’oggetto venerato. Non lo merita, forse?
Lo merita, eccome! E ci stavo già pensando. Intendo: stavo già pensando ad una forma di penetrazione “alternativa”, o, meglio, di com-penetrazione, di bidirezionalità dei corpi e dei loro sensi in gioco. E volevo parlarne, scriverne.
Per me l’olfatto è essenziale. Sono molto animale, ho una vera e propria memoria olfattiva e sento odori che altri umani, accanto a me, talvolta non sentono (sarà che fin da piccolo ho avuto una vista deboluccia, il che forse ha inciso sul potenziamento dell’olfatto, chissà).
Ma ne riparleremo. Difficile sarà però rendere almeno in parte qualcosa di così immateriale e di così penetrante (appunto) come può essere solo un odore, un profumo. Una bella sfida.
io scommetterei, che tu ce la puoi fare…
Farò di certo un tentativo. 😉