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TomokiHayasaka

 

«Chi non sa dove andare, possiede ancora tutte le direzioni. Chi ha paura del freddo, può sempre lasciarsi bruciare godendo del proprio fuoco. Chi affronta il vuoto, deve convincersi di non avere niente da perdere e che le difficoltà nel conoscere il mondo rendono quest’ultimo solo più avvincente» (C.M., L’ingovernabile, 2018).

Ripenso divertito a tutte le cose che ci ha detto quella vecchia andalusa all’angolo con calle Tallers. Tutte quelle fantasiose storielle intorno all’anno 1936, ai numeri, ai loro significati. L’uno che s’insinua nella dualità di ogni cosa; il due che attende al compimento; il trentasei che simboleggia il triangolo e quindi la perfezione, la solidarietà cosmica, il dio trino, ma anche a quanto pare il sesso dell’uomo o della donna, il che dipenderebbe ovviamente dalla direzione della punta, del vertice. Il mio piacere di maschio verso l’alto, il tuo di donna invece verso il basso. Tutto molto spassoso, non trovi?, questo metter insieme dio, la fica, la geometria. Ci voleva proprio un’eccentrica signora sulle Ramblas, stamane, a ricordarci gli incastri patetici di una poesia da contabili. (…)

Nessuno può sentire il peso che fanno le foglie sul cuore della terra. L’autunno evoca il ricamo di sangue del parto che sarà. E il ritmo dell’opera è già la chiave dell’intesa. – Tu prendi l’aria, rabbonisci le lingue di fuoco che ti offro e ne fai una strada senza ceneri. Sta a noi aprire gli occhi su ciò che nasce. Ogni idea ci porta una carezza. La pelle ne serba ricordo, insorge contro la distanza. Esistiamo allora in un debordare continuo. L’oltre non ha ombre. L’ombra non s’installa nel ritmo che assedia il senso. Tutto è nella frase successiva: solo questo è il limite della verità. – Quando metti insieme due corpi, e gli fai girare intorno il loro mondo, questi due corpi diventano un destino di sorrisi, una fonte tolemaica di gioia. La loro notte contiene tutti i colori. La loro alba è un noi che coniuga un affetto o una potenza insorgente; unione sempre riconoscibile, sempre già oltre, e che mai avrà lo stesso volto o lo stesso giorno. – L’amore è una casa dalle pareti trasparenti, dove io e te siamo la trasparenza stessa. Tutti credono di vederci, ma nessuno potrà dimorare nella visione che opacizza l’affetto. (…)

Lasciare il tuo calore per tornare alla battaglia. Diventa difficile, diventa sempre più difficile. Mi vado incagliando tra desiderio e necessità. Oscillo da un pensiero all’altro fino alla fine di ogni pensiero. È come se mi sparassero addosso da tutte le parti e me ne stessi rintanato dietro un muricciolo sbreccato tentando di farci un buco a mo’ di feritoia. Questo buco è la mia bocca ancora piena di te, la mia chance contro la vita irrimediabile. Maledetta città universitaria! Queste posizioni si stanno rivelando indifendibili. I tercios ci martellano da ore. E piove, piove, piove… Miguel è morto, accanto a me, colpito in piena fronte. Sento l’odore del suo sangue. Sento la morte che sghignazza alle nostre spalle. Ci hanno ficcato in una trappola. Il governo e i suoi tirapiedi ci mandano al macello per pararsi il culo; ma qui ci sono ancora compagni che cantano a squarciagola in piena tempesta. Uomini cenciosi, male armati, incoscienti fin quasi a risultare intollerabili. Se mai ne leverò le gambe, l’odore del sangue di Miguel e i canti anarchici intrisi d’acqua mi ricorderanno per sempre l’ingenua sfacciataggine della verità più feroce. (…)

[Tre brani tratti da: Fuoco sui ragazzi del coro, Nautilus, 2014. Illustrazione di Tomoki Hayasaka.]