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contro l'economia, Guy Debord, Hegel, Jean-Pierre Voyer, Karl Marx, nozione situazionista di spettacolo
Un breve testo del post-situazionista (?) francese Jean-Pierre Voyer, frammento che in molti troveranno disturbante, difficile, pretenzioso. Eppure, qui si annida e germoglia, in poche frasi, una critica feroce del marxismo, dell’economicismo e dell’abusata nozione situazionista di “spettacolo”.
Il testo venne postato da JPV sul forum Debord off il 10 febbraio 1999 e, successivamente, con alcune varianti (che qui si riportano in corsivo), sul suo sito web.
La traduzione e la noterella in calce sono mie, mentre la foto è di Donatella Vitiello.
Non si può tradurre Aufheben con rimozione (*).
L’origine si conserva.
Per Hegel, la ragion d’essere (Dio) è un risultato e non un’origine. È davvero il peggior controsenso rimproverare ad Hegel la sua presunta teleologia, perché se il mondo fosse scopo, la ragione d’essere del mondo sarebbe tale scopo e quindi, di conseguenza, origine, perché lo scopo esiste anzitutto come idea, prima di ogni tentativo d’esecuzione. Così, per Hegel, la storia non è una progressione verso uno scopo, quanto piuttosto «una regressione verso ciò è servito da origine», perché, quantunque l’origine non abbia alcuna ragion d’essere (o, se si preferisce, alcuno scopo), la ragion d’essere, quando infine esiste, è la ragion d’essere di quell’origine. L’origine non ha senso. Ne acquisisce uno con la storia. La storia è la storia del senso ed essa stessa non ha alcun senso, tranne quello di essere storia del senso, perché, qualunque sia il risultato, questo risultato ha un senso. Bisogna inoltre aggiungere che questo risultato non ha causa. Non è né realizzazione di uno scopo, né effetto di una causa. È approfondimento di un sapere. Per Hegel, dunque, tutto avviene come se la storia consistesse in uno sforzo per dare un senso ad un’origine che non ne aveva alcuno. L’accusa di cinismo rivolta ad Hegel è già più giustificata. Se Hitler fosse riuscito a instaurare il Reich millenario, la ragion d’essere del mondo sarebbe venuta a cambiare, o, quanto meno, sarebbe stata ben diversa da quella avutasi con la vittoria della Coca-Cola. Ma da un lato Hitler non ha vinto e dall’altro, se per Hegel ogni ragion d’essere è un risultato, ogni risultato non è una ragion d’essere, ancorché Hegel abbia potuto scrivere Weltgericht ist Weltgesischt, ossia: il giudizio del mondo è ciò che accade (il che non contraddice Wittgenstein, per il quale il mondo è tutto ciò che accade, comprese le mutande bianche a righe blu della Sig.ra Levy nel 1981, quando ancora non era la Sig.ra Levy e quando la Sig.ra Jospin era ancora la Sig.ra Jospin). So bene che Hegel amava molto la parola Ziel [meta, scopo], ma se il mondo contiene degli scopi, ciò non vuol dire che il mondo stesso sia uno scopo.
Marx vuole a tal punto rovesciare Hegel e rimetterlo in piedi, da riprendere anche lui la vecchia pretesa teologica secondo cui la ragion d’essere (Dio) è all’origine, il che è una pura regressione in rapporto ad Hegel. Marx si accontenta di sostituire Dio con la cosiddetta economia, altrettanto fallace. La parola economia ha sostituito la parola Dio. Per Marx, l’origine è la causa suprema e tutto ne consegue. In parole povere, si accontenta di porre in principio l’economia e le sue leggi (“Tu ti guadagnerai il pane con il sudore della tua fronte”). Soltanto se la ragione dell’essere è l’origine, si possono avere le leggi della storia, mentre per Hegel non ve ne sono; per lui è all’opera solo una logica della negazione e del conflitto. Hegel è conseguente. Se il mondo è un sapere, allora la logica ha luogo nel mondo, contrariamente alla logica formale che ha luogo solo nel pensiero. Per Hegel, la sola legge della storia è la negazione di ogni legge. Marx giunge così a quel paradosso che ho sempre trovato assai ridicolo (e quando dico sempre, intendo dire a partire dai miei vent’anni, allorché tutti i miei compagnucci erano dei convinti sinistrorsi marxisti): le leggi della storia, che derivano dal fatto che la ragion d’essere è nell’origine, fanno sì che i giochi siano già fatti, e che il capitalismo sia condannato come per magia. Eppure, bisogna educare e guidare la classe operaia. Ma a che pro, se il capitalismo è condannato magicamente dalle leggi della storia? Gli stronzi sui pattini a rotelle e i finocchi che si sposano (spesso sono le stesse persone) vogliono edificare di certo la nuova Atene. In realtà, è il mondo a edificarla al posto loro. È solo una questione di tempo. Quell’imbecille di Debord sosteneva una cosa simile nel 1970. I froci e le lesbiche si stavano radicalizzando e ne avremmo visto delle belle. Era solo una questione di tempo. Ora, ciò che avevo particolarmente apprezzato nell’I.S. era stata la sua condanna delle rivolte parcellari.
Alla stessa stregua, ho sempre trovato ridicolo che i situazionisti si rallegrassero del presunto crollo del capitalismo. L’impero romano è crollato, e allora? Né Roma, né Atene, né le rivoluzioni borghesi sono nate da un crollo, bensì da una preparazione nelle profondità del mondo come riterrebbe Hegel. Allorquando si riesce infine a scorgere ciò che si stava preparando in un clima di frivolezza, tutto è già compiuto: sorge un sole che disegna in pochi istanti un intero mondo. Niente di buono può risultare da un crollo.
In questo mondo, lo spirito è condannato a trasudare dalle piaghe degli stigmatizzati, a sgorgare dalle rovine, a traspirare come un segreto. Ecco perché la musica di Wagner traspira.
Solo il tutto è reale. Ora, il tutto non si vede mai. Dunque ciò che si vede non è reale, è uno spettacolo. Lo spettacolo esiste dall’eternità. La cosa è il sapere. Se essa non si manifesta, è per ragioni diverse da quelle addotte da Kant. Il mito è trasfigurazione dell’origine.
Il mondo è un sapere popolato da ignoranti. Il mondo è saggio, ma lo ignora. I suoi abitanti sono ignoranti, ma anch’essi lo ignorano.
* Voyer si riferisce evidentemente ad un’imprecisa traduzione in francese del termine Aufheben. Cfr. le traduzioni italiane della Fenomenologia dello spirito e dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche di Hegel a cura di Vincenzo Cicero per l’editore Bompiani; N.d.T.
KARL MARX AMA LA POESIA
Trovare uno spazio di comunicazione che si rifa’ al pensiero libero per davvero ,di tipo sociologico,filosofico o ambientale ..e’ impresa ardua persino in Internet.Se non sei introdotto,presentato o come piu’ comunemente si vuol dire: raccomandato o raccomandata si rischiano l’emarginazione dei contenuti ,l’inquinamento dei testi e l’anonimato degli autori e delle autrici. Gia’ certe avvilenti cose accadevano ai danni degli autori e delle autrici di testi poetici o narrativo,da parte di sedicenti,molto truffaldini “editori” di squallide enciclopedie a spese degli autori e delle autrici che vetsavano,obbligatoriamente, ai maramaldi promotori di squallidi e corrotti ” concorsi letterari” i quali e le quali ci guadagnavano e non andavano in galera perche’ questo
( e non solo questo) e’ terra tanto bella quanto resa ” di nessuno”, di corruzione e corrotti e corrotte smargiasssi e smargiasse ,dal culo grosso e spalle ben coperte.
Una falsa democrazia,i codici di procedura obsoleti ,umbertino e fascista, tirannici nei confronti della costituzione( non rinnovati apposta la rendono inapplicabile)producono pus.
Eppure si dice che in democrazia la giustizia sia uguale per tutti e tutte e cosi’ pure la liberta’.Niente di piu’ inesatto.In realta’ lo spazio di discussione aperto a tutti e a tutte e’ reso fin troppo utopico.Si salvi chi puo’ in questa “demon-crazia”.
L’ uomo sull’ uomo,il carnefice sulla vittima ,la natura violentata, l’ ambiente degradato , la corruzione politica e dei grandi complessi bancari,industriali,eccetera,non sono astrazioni ma dati di fatto.
L’ uso spregiudicato della televisione e gli altri cosiddetti : mezzi di comunicazione di massa,e’ di parte e quindi ingannevole,le gerarchie mirano alle nostre menti al fine di condizionarle.Ma noi gente ” comune” e a torto considerati e considerate solo dei numeri numeri nn siamo ma persone. Sarebbero d’ accordo in questo pure Marx,Hegel,Freud ,Jung,Darwin,San Francesco Di Assisi ,e non finisce qui la rosa dei nomi. Ce ne accorgiamo persino noi a torto considerati solo fei numeri ,dai potenti corrotti elementi alpha.
– di Vladimiro Rinaldi( Rinaldi e Ranuzzi)
sito web: http://www.apoesidi.com
ELOGIO DELLA LIBERTA’
La liberta’ che vorremmo per noi stessi molto difficilmente equivale alla liberta’che vorremmo per il prossimo. Condividono ,parafrasando ,due semisfere non identiche nel pensiero della nostra specie,contrapposte.La liberta’ condivisibile e’ la parte nobile che vogliamo,inconsciamente o consciamente,nei fatti non del tutto condivisibile ed in quanto cio’ la scala gerarchica si rivela non equa verso i sottoposti.A livello umano,ed individualmente dissimile della misura tra individuo e individuo.Essere idealisti vuol dire lotta della parte nobile della mente contro la parte conservatrice .Liberta’ etica vuol dire andare contro la parte ignobile.La liberta’ di tutti e tutte e’ la somma delle liberta’ . Ed insieme al rispetto di tutti e tutte nei confronti del prossimo,della natura e l’ambiente creano l’ armoniosita’ ideale del vivere individuale e collettivistico.Non ne siamo ancora capaci,purtroppo, dovremo aiutare il pensiero affinche’ avvenga la compiuta felice “metamorfosi” ,diventare capaci di bene condiviso tout court. A livello di umanita’. Dobbiamo lottare contro la parte conservatrice ed egoistica del pensiero stesso.
Noto con sempre più crescente disinteresse l’imbarazzo con cui si cerca di perimetrare (e salvare) la concezione di libertà…
Parolina abusata. Ideale a doppio taglio… La cosa è ormai talmente evidente da risultare (diciamo) una banalità di base.
Io preferisco parlare di altro, concentrarmi su due prospettive ben diverse, e che, se coniugate teoricamente e praticamente, possono permetterci di combattere le aporie della libertà, ossia: unicità e autonomia delle singolarità e delle loro relazioni.
Sull’unicità troverai diverso materiale su questo blog. Ti basta seguire il relativo tag. Molto prende avvio da Stirner (e non potrebbe essere altrimenti), ma se ne distacca criticamente in direzione di ciò che io ho definito comunizzazione anarchica.
Sulla libertà mi ero pronunciato qui (molto sinteticamente): https://carminemangone.com/2013/04/17/glossario-mangoniano-liberta/
Una precisazione doverosa: l’unicità concerne una qualità intrinseca del vivente, di cui molti dei nostri simili non sono più consapevoli, abbrutiti come sono dalle mediazioni sociali; una “qualità” che riguarda la possibilità di pulsare, respirare, pensare con un proprio ritmo (un ritmo UNICO) dentro il cosmo. L’autonomia concerne invece il “tono” delle relazioni tra le unicità, ossia la possibilità, l’eticità e la bellezza di fare a meno delle mediazioni di cui sopra condividendo in parte o del tutto quel “ritmo unico” dei viventi, creando per questo una rete condivisa e orizzontale delle diverse unicità. L’unicità è sempre. La libertà, viceversa, è sempre da perimetrare. (E l’autonomia non è banalmente l’eguaglianza, ma la capacità di stare comunemente e senza subordinazione nello stesso ritmo).