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«(…) Nel gennaio del 1936 viene dato alle stampe, dalla tipografia parigina “Impressions diverses” , un piccolo libro, rilegato come un breviario, che raccoglie ventotto composizioni in versi del poeta surrealista Benjamin Péret. Il libretto in questione, impreziosito da un’acquaforte di Max Ernst, porta un titolo perentorio e quasi programmatico: Je ne mange pas de ce pain-là (“Io non mangio di quel pane”), locuzione di natura chiaramente proverbiale – della serie: “Preferisco morire di fame, piuttosto che darvi certe soddisfazioni” – che compare anche, a mo’ di epitaffio, sulla pietra tombale del poeta al cimitero des Batignolles di Parigi.
I testi raccolti in Je ne mange pas de ce pain-là, composti presumibilmente tra la fine del 1925 (o l’inizio del 1926) e il dicembre del 1935, sono caratterizzati da una foga iconoclasta senza pari. La loro veemenza polemica – fatta di svariati riferimenti scatologici, di verbalismi imbastarditi con espressioni argotiques, di gioiose quanto gratuite proclamazioni di rivolta –, pur condita dalla solita verve surrealista del poeta, che dà vita alla rituale sarabanda di macchiette e situazioni grottesche servendosi degli oggetti o degli esseri più “prosaici” (come insetti, verdura, utensili, ecc.), tale veemenza, dicevo, è mobilitata esplicitamente per assecondare quelli che sono i livori del Péret rivoluzionario. (…)», dalla mia prefaz. a Benjamin Péret, Io non mangio di quel pane, a cura di C. Mangone, Matisklo edizioni, 2016.

Il testo La loi Paul Boncour, tratto appunto da Je mange pas de ce pain-là, si riferisce al disegno di legge presentato nel 1927 all’Assemblea Nazionale dalla commissione presieduta dal socialdemocratico Joseph Paul-Boncour, e riguardante “l’organizzazione della nazione in tempo di guerra”. Secondo il disposto di tale legge (approvata l’11 luglio 1938), in caso di guerra tutti i civili francesi, compresi i vecchi e le donne, sarebbero stati inquadrati in strutture ausiliarie. La poesia era stato pubblicata in precedenza in: La Révolution Surréaliste, n. 12, 1929.




Avanti cani smorti col divertire le truppe
e voi ragni con l’avvelenare il nemico
Il bollettino del giorno redatto da scimmie tabetiche annuncia
Il 22° corpo d’armata delle cimici
è penetrato nelle linee nemiche senza colpo ferire
Durante la prossima guerra
le monache sorveglieranno le trincee per la gioia dei raffermati
e per farsi bucare l’ostia a furia di scopate
E i bambini col biberon
pisceranno petrolio in fiamme sui bivacchi nemici

Per aver singhiozzato nelle fasce
un eroe di soli tre mesi avrà le mani mozzate
e la Legion d’onore tatuata sulle chiappe

Tutti faranno la guerra
uomini donne bambini vecchi cani gatti maiali pulci
maggiolini pomodori alborelle pernici e topi morti
proprio tutti

Squadroni di cavalli selvaggi
respingeranno a calci i cannoni dell’avversario
E in qualche punto la linea del fuoco sarà sorvegliata dalle puzzole
il cui odore trasportato da un vento propizio
asfissierà interi reggimenti
meglio d’un peto episcopale
Allora gli uomini che schiacciano i senatori come cacca di cane
guardandosi negli occhi
rideranno come le montagne
obbligheranno i preti ad ammazzare gli ultimi generali con le loro croci
e a colpi di bandiera
massacreranno i preti in un amen

[Traduz. di Carmine Mangone]