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Testi scritti nella primavera-autunno 2010. Confluiti nella quarta e ultima sezione di Quest’amante che si chiama verità (Gwynplaine edizioni, 2014) e, successivamente, in Tutto il nero che trabocca (Ab imis, 2016, con illustrazioni e layout di Marco Castagnetto). Foto di Maria Shooter.

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Essere vivi abbastanza per non scrivere
sulla vita: è questo il proposito.
Divenire fattori propulsivi dell’èthos senz’avere
un’identità politica: è questa la poesia, questa
l’ottusità della sovversione a venire.

*

– Le idee che s’impigliano fra i rami del pensiero sono destinate a languire come storie lasciate a metà. Confondermi non potrei con l’aria ferma del mattino. Ti ho chiesto un’idea del cuore meno poetica, una chiave dell’esistenza che aprisse tutte le porte. Ma non ridurti al mio mondo, non costeggiare isole morte. Sfronda le parole, accudisci il vento delle nostre voci. Solo tra due montagne ondeggia l’eco della bellezza.

– In un certo qual modo, mi costringo ad essere più vivo dell’idea che io stesso mi son fatto della vita. Riempio di vuoto le parole per venir meno alla morte, ne sfrondo il superfluo, faccio spazio al destino e all’amore che lo assedia. Puoi seguirmi? Puoi trascinarti in un sussulto di nervi capace di mille danze?

– Non tutte le nascite implicano una morte. Nessuna morte ipoteca l’assoluto. Passeremo come aratri sulla soglia dell’incerto. Semineremo occhi anche lì. Per alzare barricate di girasoli. Ai confini del tramonto.

*

mi piace
tutto il nero che trabocca
dall’amore che verrà

adoro
certe ombre piene di carne

Non più rivendicazioni. Nero, po-etico, anti-umano.
Anonimia della bellezza. Eziologia della rivolta.

Bisogna tifare per una commovente voluttà.
Amare il destino anche a muso duro

*

se incastro un bacio tra le parole
queste finiscono per amarsi senza il mio consenso
se tolgo la sicura al verbo
mi si ritorce contro l’intero dizionario dell’amore
come fare per non fare a pugni coi sospiri?
uno di questi giorni verrò a
trovarti con un mazzo di silenzi fioriti
solo così mi libererò della gravità
senza liberarmi della libertà

*

salverei poche cose al mondo e per
molte meno morirei
l’intelligenza del tuo corpo i
gatti gli alberi i canti di maldoror la pizza e
tutti coloro con cui ho riso

in un mondo di servi poeti della
domenica e stupide troiette
tu sei bella come l’esplosivo usato dagli
anarchici spagnoli per demolire decine di chiese nel 1936

*

mi è sempre piaciuto considerare la vita come una
sorta di immane licenza poetica
sognare prati azzurri potare l’albero dell’odio arredare il
cuore con esplosioni di gusto vagamente retrò

che la vita sia un binario morto per
treni sprovvisti di freni mi sembra evidente
perché quindi volersi munire a tutti i costi d’un macchinista?
il deragliamento è la continuazione dell’amore con
altri mezzi e l’amore è solo un modo puerile e magnifico per
imbrigliare il cielo
[stasera pioverà
l’antimangone delle azzorre si è perso tra
le colline surrealiste del tuo sorriso]

*

da piccolo avrei voluto un amico del cuore che
m’insegnasse a ruttare in faccia ai poeti
non ho mai avuto una simile fortuna
ragion per cui mi ritrovo oggi a scrivere versi dada come

se ti regalassi una luna verde
non per questo reclamerei un pitale di caramello

*

la luce di certi giorni
ha la valanga nel sole

se parlate di poesia ad un fiore
non per questo crescerà più in fretta
anzi
i fiori sono più schizzinosi di dio
e non amano l’acqua sporca

I giorni non passano. È il passato ad aggiornarsi.

Eppure. Basta solo un accordo per trincerarsi nel nuovo giorno. E sorridere. Attraverso la feritoia di sempre. Al bambino stronzo che ci fa le smorfie là fuori.

– Ecco. Prendete il mio cuore. Prendetene tutti, sanguinate con me. Ma ridete, ridete del vostro stesso sanguinamento.

Proverò un giorno a spiegarti l’inspiegabile, non appena avrò le parole ingiuste per farlo.

Si potrebbe scrivere anche sull’acqua, se la poesia si rivelasse una barchetta di carta capace di sfidare l’oceano.

Opacizzo parole. Voglio che diventino pietre, corpi nudi.

Ho amori che sono espressioni acerrime.

Eppure c’è sempre un momento in cui la decisione viene a spazzar via tutte le paure e a ricollocarmi in una voce. – Il desiderio dell’ultima parola si fa beffe della morte.

Prendere in ostaggio una casa sguinzagliando la contraddizione fra le sue stanze. Assediare l’abitudine, cercarvi qualcosa che non abbia rimedio.

Vorrei adagiarmi sul fondo di tutte le cose, poter prendere un esile stelo fra le dita e sentirne tutta la natura che grida.

Non farti uccidere dal destino. Cova un sangue nuovo. E fallo senza bestemmiare il tuo cuore. – Lo senti il rumore di fondo dell’amore? Riesci a sentirlo?

Il mondo è stato già detto ampiamente in modo poetico, ora bisogna trasformarlo.

 

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