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ad Angela

Mattina di metà marzo, poco prima delle cinque. Fuori c’è ancora buio e tira vento. Io me ne sto dietro i vetri della finestra ad osservare le poche auto che passano a valle, mentre la moka gorgoglia sul fornello. Intanto, in un angolo della cucina, la mia gatta più giovane sta allattando i suoi tre piccoli e fa le fusa. Nel silenzio più assoluto, non si sentono che lei e il caffè che esce. Sono attimi in cui il tutto e il nulla si toccano, si mutano uno nell’altro e danzano dietro i vetri della finestra insieme al mio pensiero. Mi verso il caffè e lo sguardo si posa sulle foto attaccate al frigo. In esse: c’è la mia nonna paterna, quella giovane contadina cilentana coi suoi due figli che si fa fotografare nei primi anni Quaranta per il marito sotto le armi; c’è poi la mia gatta morta nel novembre scorso, seppellita con molto amore sotto il grande pino marittimo; e infine c’è lei, la donna che amo e da cui sono amato, con cui vorrei consolidare nei prossimi anni l’unicità dei nostri affetti e della nostra curiosità verso il mondo. Già solo queste foto mi riportano teneramente la decisione che ho sempre messo, e sempre metterò, nel dare continuità alle esperienze che attraversano tempo e spazio attraversandomi a mia volta. Fuori c’è ancora buio, tira vento, ma io unisco i punti della mia vita e punteggio la vitalità di quest’unione tra me e ciò che viene da ogni parte, da ogni tempo. Il passato si riverbera in me, ma io non ne riconosco la gravità. La leggerezza dello sguardo prende in consegna l’attuale e lo tiene con sé senza incarcerarlo in una cronaca, in un’opera. Tu sei il valore di ciò che perde ogni valore – la gioia che distrugge la serietà della morte – perché con te il comune esplode e diviene movimento di galassie e toporagni tra le dita intrecciate. Mano nella mano, combattiamo le degenerazioni del destino e non abbiamo alcun compatimento agli angoli della bocca.

17 marzo 2017

[ Testo confluito in L’insurrezione che è qui. Gif presa dal sito iGNANT.de. ]