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Il corpo è ciò che vive al di qua del mondo, come promessa di apertura e premessa di possibile.
(Incauto, scostumato, lascio ogni volta che piova dentro i miei pensieri e sopra le cicatrici).
Il mondo, invece, è la protervia dell’amore, il legame che mira a sormontare l’unicità del finito, del mortale, per riaverla accresciuta in un divenire ulteriore, comune.

Ho trasportato la mia poesia da un amore all’altro per farla germogliare ogni volta insieme al mio sesso.
Tutto il senso del mio dire nasce da questo, dal non riuscire a venir meno al mio desiderio di continuità, di ricomposizione tra me e l’intelligenza carnale degli altri.
Anzi, il desiderio stesso, per me, è sempre e solo un affermare la ricerca di questa continuità, nonché un mettere a fuoco (e a nudo) quel noi che potrà accadere solo nel luogo comune di una soddisfazione.

 

 

Questa volontà di poesia che ti porto, è la soddisfazione della terra e di ogni vero luogo dei nostri corpi.
Imbandisco i giorni, le notti, e resto voglioso solo del pane che spezzi con amore per me dentro il tuo ventre.

Voglio entrare nei tuoi pensieri più arditi. Voglio starmene col cazzo duro dentro la tua testa. Voglio essere quell’improvvisa burrasca che ti lascia fradicia e sospesa mentre cerchi un varco nel dominio della necessità.

Perché rincorrere la letteratura? Perché voler fissare in un effetto, in un’edulcorazione verbale gli squarci che ti regala il saper vivere?
La parola diventa parabola e la figura che viene a crearsi ricaccia indietro il respiro a favore di una cronaca selettiva e approssimata delle esperienze. Lo scrivere si rivela un surrogato dell’avventura e apre nuove piste in mezzo ai luoghi comuni del quotidiano. Lo scrivere, infatti, è sempre una questione di territorio, di attraversamenti. Si valica il senso, si cerca una foce, ci si arroga un qualche viaggio di scoperta.
Sarei uno stolto se smettessi di scrivere e se non scrivessi anzitutto sull’amore. Mi priverei di uno strumento essenziale per catturare l’attenzione, la disponibilità, e per far emergere, in questo modo, un’efficacia amorosa e criticamente poetica dal mio mondo di relazioni.

In barba ai perimetri stabiliti e alle storie consuete, la mia mente continua a spalancarsi come un bel paio di cosce.
Vuole farsi scopare dal sapere, dall’entusiasmo di sapere, e non sente ragioni, non segue dettami.
In un mondo di piccoli poeti trasformisti, son trent’anni che mantengo fede alla mia mancanza di fede regalando comunanze al destino carnale della mia unicità.

1-3 luglio 2018. Foto di Sayaka Murayama.