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Contro la morte che ci costringe a bramare un senso, ci resta pur sempre il meglio dell’irragionevole, in ragione del quale noi amiamo, odiamo, veniamo amati, odiati.

Ammetto d’esser pieno dell’idea che ho di te, ma ancora non abbastanza tenero per sentirmi finalmente compiuto nei confronti di me stesso.

Io sono ironico come la vita che muore facendosi beffe della morte. Mai darmi retta. Mai sapermi in rotta. Si muore, si finisce nel tritacarne dell’eternità, ci si accoltella come per un tentato amore. Ma io non sono la morte. Non scocciatemi con le vostre paure.

Lo senti il rumore che fa la radice del cuore mentre perverte l’indifferenza della terra? Riesci a sentirli gli echi della nebulosa di Orione dentro le stanze segrete del Libro? Certo, puoi sempre dirti che queste sono delle fesserie da poeta, ma tu resti comunque un coglione, un povero coglione che morirà solo e sconsolato sperando in un aldilà dei suoi ridicoli valori.

L’amore di quando i lupi cacciano assieme. La leggerezza del predatore che accarezza la terra e salva piccoli e grandi mondi. Riprendersi tutto questo e molto altro ancora, passo dopo passo, bacio dopo bacio, dal sottobosco a Maldoror, dalla brughiera alle Pleiadi. Annusare l’aria, fuggire la sfiducia, mordicchiarsi come cuccioli incauti che giochino sul muschio.

Devo al barbagianni il rumore di alcuni sogni. I suoi stridori bucano il nero del non-senso e dicono un sacco di cose che non saprei ridire.
Il brusco risveglio porterà decisioni fra le mie mani e consegne ardimentose fuori da ogni zodiaco.

Nessuna corteccia biasima il vento.

Si esponga l’affetto alla tramontana dell’ignoto e si culli il muschio che ne nascerà.

Laureana Cilento, 5 dicembre 2019. Testi confluiti in: Nostra Poesia dei Lupi (2022). Foto: Charlotte Grimm.