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boicottaggio, ca canny, Canuts, CGT, Contro ogni alienazione, Emile Pouget, microinsurrezione, ostruzionismo, Ratgeb, sabotaggio, sciopero umano, sindacalismo rivoluzionario
Un altro estratto da Contro ogni alienazione, II, il mio saggio di circa 60 cartelle posto in appendice a: Ratgeb/Vaneigem, Dallo sciopero selvaggio all’autogestione generalizzata, uscito nel marzo 2013 per le edizioni marchigiane Gwynplaine. Alcuni concetti, qui appena “adombrati”, verrano poi esposti diffusamente in scritti futuri, come indicato nelle note in calce. Buona lettura.
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(…) La lotta contro il capitale è applicazione immediata di pensieri e azioni senza di esso, in modo da invalidarne le dinamiche di riproduzione all’interno della vita quotidiana. Non si tratta più di attendere il momento buono per attaccarlo. In ogni circostanza, c’è la possibilità di operare una secessione rispetto al capitale. Essendo il capitale ovunque, i modi per eluderne i processi di valorizzazione sono innumerevoli e sempre a portata di mano. I metodi principali, strategicamente collegati, restano due: 1) sabotaggio e boicottaggio della merce e del valore di scambio; 2) diserzione dei riti sociali alienanti e non partecipazione alle dinamiche politiche statali, con conseguente superamento dell’individualizzazione moderna in un’autoproduzione di comunanze libertarie.
Come fa notare il sindacalista rivoluzionario Émile Pouget nell’opuscolo Le Sabotage (ca. 1910),1 pubblicazione da cui sono tratti alcuni dei riferimenti storici che seguono, il sabotaggio è vecchio quanto la divisione del lavoro. Si può presumere infatti, senza tema di smentite, che dal momento in cui un uomo ha impiegato un potere per trarre profitto dal lavoro di un suo simile, da quel momento colui che veniva sfruttato ha cercato d’istinto di fare meno di quanto gli chiedesse il padrone.
Per sabotaggio s’intende la rappresaglia attuata contro l’oppressore da chi si sente oppresso o sfruttato, mediante il danneggiamento o la distorsione degli strumenti e delle tecniche che perpetuano l’asservimento.
La parola “sabotaggio” è di origine francese, e leggenda vuole che la nascita del termine sabotage (da sabot: “zoccolo”) abbia avuto per protagonista un tessitore lionese durante la rivolta dei Canuts del 1831. Questi, esasperato dai ritmi produttivi imposti da una attrezzatura meccanica, ne avrebbe danneggiato il funzionamento incastrandovi una delle sue pianelle di legno.
La parola sabotage, fin quasi alla fine dell’Ottocento, era in realtà una forma gergale francese per indicare generalmente un’azione fatta “a scarpate”, in modo grossolano. In seguito, il termine è diventato una formula di lotta del sindacalismo rivoluzionario, ricevendo un’entusiastica sanzione dal congresso di Tolosa della CGT francese nel 1897 e poi dal successivo congresso di Rennes dell’anno dopo.
In verità, i lavoratori scozzesi avevano già adottato anni prima la pratica ostruzionistica del ca canny (letteralmente: “va’ piano”), che consisteva nel regolare i ritmi e la qualità delle prestazioni lavorative secondo la formula “a cattiva paga, cattivo lavoro”. Un esempio della potenza persuasiva del ca canny ci è dato dalla tattica usata nel 1889 dagli scaricatori di porto tradunionisti di Glasgow. I datori di lavoro non solo avevano rifiutato loro un aumento di salario, ma li avevano addirittura rimpiazzati, una volta scattato lo sciopero, con un numero considerevole di lavoranti provenienti dalla campagna. Gli scaricatori dovettero allora dichiararsi sconfitti e chiedere di essere reintegrati con la stessa paga di prima. I datori di lavoro acconsentirono prontamente, anche perché i sostituti si erano rivelati davvero inetti, ma a questo punto scattò la ritorsione dei lavoratori reintegrati che, riducendo la qualità delle proprie prestazioni al livello della manodopera contadina che li aveva sostituiti, costrinse i padroni a concedere l’aumento chiesto in precedenza.
Insieme alla pratica del sabotaggio, ci sono altri metodi di lotta per ostacolare la valorizzazione capitalista: il boicottaggio dei prodotti, attraverso il quale ci si astiene dall’acquistare determinate merci o servizi, e l’ostruzionismo propriamente detto, che consiste in una meticolosa applicazione delle procedure di lavoro o della normativa vigente, tale da intralciare seriamente la produzione o l’erogazione dei servizi.
Nella prospettiva di una radicalità anticapitalista, il sabotaggio è metodo di lotta, elemento ludico (la parte di gioco è essenziale), nonché misura dei propri limiti.
Si potrebbe anzi dire che gli atti di sabotaggio diano il giusto tono al divenire della radicalità, opponendosi giocosamente e coscientemente sia ai rituali di massa della politica (elezioni, manifestazioni di piazza, rivendicazionismo, ecc.), sia ai ritornelli della trasgressione “telecomandata”.
Al giorno d’oggi, vista la notevole complessità e la fragilità del sistema di gestione dell’esistente, nonché la sua “disseminazione” sul territorio, le tecniche di attacco e di ostruzionismo si sono moltiplicate in modo esponenziale, e possono risultare semplici e ben poco onerose. Sapendo dove mettere le mani, e puntando a non correre troppi rischi, basta un po’ di creatività, qualche oculato acquisto in ferramenta, magari la vecchia arte del travestimento – e l’apparente graniticità del controllo sociale va a farsi benedire!
Una generalizzazione delle pratiche sabotatrici e boicottatorie in funzione comunizzatrice potrebbe portare ad uno “sciopero umano” sempre più diffuso,2 ossia a movimenti antipolitici di secessione nei confronti del capitale, tali da mettere in discussione la totalità dei rapporti alienanti, a partire naturalmente dalla divisione sociale del lavoro e dall’assoggettamento al lavoro salariato; movimenti che potrebbero rappresentare il primo passo per un rovesciamento radicale di prospettiva e per un attacco diffuso, anonimo e immediato contro i processi di valorizzazione.
Nessuna forza di polizia potrà mai fronteggiare l’eventuale diffusione anonima di estese microinsurrezioni individuali e collettive.3 E nessun esercito può combattere un nemico invisibile, “liquido”, e che non apre alcun fronte di guerra ufficiale. (…)
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1 Sulla teoria, la storia e la prassi del sabotaggio tornerò con l’antologia di testi: Sabotaggio mon amour, Gwynplaine edizioni (novembre 2013).
2 Lo “sciopero umano” è stato teorizzato dai collettivi Tiqqun e Claire Fontaine. Cfr.: “Comment faire?”, in: Tiqqun, 2, 2011; traduz. it.: Come fare?, Maldoror Press, free ebook.
3 Il concetto di microinsurrezione sarà ripreso sia nel lavoro sul sabotaggio di cui alla nota 1, sia nel mio: Quest’amante che si chiama verità (uscita prevista nel 2014).
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