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scrivazione (scri-va-ziò-ne) s.f. 1. L’operazione, il modo e le tecnologie dello scrivere tramite connessioni a distanza e dispositivi tecnici mobili che inseriscono immediatamente il fatto e il prodotto dello scrivere nella vita quotidiana di chi va scrivendo. 2. L’espressione linguistica, visuale o ipertestuale inserita immediatamente nel fluire della vita quotidiana di chi scrive. [In fr.: écrivaction].

Un tempo, per scrivere, bisognava fermarsi, sedersi magari davanti ad uno scrittoio, godere evidentemente di privilegi sociali o avere almeno del tempo libero da dedicare alla scrittura. In altri termini, la scrittura era un’attività per pochi e prevedeva una preparazione, un luogo deputato, una sicurezza dello scrivere. Oggi invece no, tutti scrivono, tutti devono o possono scrivere, soprattutto (anzi, prevalentemente) grazie alla larga diffusione di dispositivi tecnici mobili che permettono di comunicare, scrivere, registrare eventi in tempo reale e in connessione permamente con una moltitudine di contatti.
Proprio per questo, oggi non ha quasi più senso chiedersi perché si scriva, come facevano vezzosamente gli autori di un tempo. Non si ha più bisogno di giustificazioni ideologiche, non si nutre più alcun senso di colpa nei confronti del verbo. Il motivo è sotto gli occhi di tutti: la scrittura non è più qualcosa di separato dalla vita quotidiana di chi scrive, né dà origine in automatico ad un ruolo specialistico in capo allo scrivente. La scrittura – anzi, l’insieme delle scritture – si esplica, avviene, si compie nell’immediato, dentro la vita di relazione di chi scrive, attraverso l’utilizzo di sempre più dispositivi mobili, fino a penetrare gli eventi e ad informarli. La scrittura diventa scrittura in azione e azione che si scrive, in un agire incessantemente ridisegnato da uno scrivente agìto a sua volta anche dalle proprie scritture. Insomma, si vive e si scrive mentre si vive.
Chi non avverte la propria unicità di scrivente nel mondo ormai mobile delle scritture, chi non gode di quest’ampia eventualità di scrittura sempre più a portata di mano, è destinato a rivelarsi il vero analfabeta del XXI sec.

Interrogazione nient’affatto off topic: la perenne mobilità delle scritture potrà scongiurare le valorizzazioni locali, in modo da mettere in discussione il valore stesso come paradigma della civiltà libresca?

[Illustrazione di Roland Topor].


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