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[ a L. ]

I padroni non sono eroi. Vivono e muoiono da padroni. Tocca agli altri non vivere e non morire da servi.

Collezionare un livido a settimana. Andare e venire nella canicola del pensiero. Luna storta. Poesia presa da dietro ogni giorno. Mi ostino a tenerti nel mio sangue e a seguire le peripezie dei capillari, mentre i cinghiali urtano contro il buio senza farsi male. Passo e sento tutto. Passo e non mi fermo più. La mia gatta seppellita sotto anni di dolore riposa fra i quercioli irriverenti. Il sangue forma una mappa che si perde nell’erba appena falciata. Unisco i punti e sorge una nuova esultanza. Ti vedo scuotere i pensieri per toccarmi spensierata e ridere insieme a me ai confini della saggezza. Vuoi? Sei mai stata così pronta? Il gioco non finirà mai. E saremo belli come il vento, come le lucciole che vagano fra i miei ulivi nelle notti di maggio o come tutte quelle stelle perse per sempre nel tuo ventre filosofico che bestemmia la morte.

Vi è sempre stato, in me, fin da piccolo, un elemento animale che ha saputo creare una distanza di sicurezza fra la mia ricerca di soddisfazione e tutti quei saperi che andavo ricombinando nella mia mente.
Vagando come un predatore insaziabile, il mio pensiero mi è sempre appartenuto in modo scostumato, inesausto, profondamente osceno. Non mi vergogno a dirlo, ma io ho sempre usato il pensiero per costruire gioia e scoparmi il mondo.
Le contraddizioni denudano il dubbio e lo trasformano in un cristallino, furioso possibile. Sempre, in ogni mio giorno.
Mi ritrovo così a non avere alcuna intenzione di morire e a bramare quel culmine di tutto che sarà un puro istante di sesso con intere galassie di vita (attraverso di te, certo, e scopando in me le tue paure, le tue visioni più feroci e oscene).

L’odore di salvia fra le dita. Uno dei miei gatti che mi segue curioso. Il sole che va declinando. Momenti in cui l’universo si rovescia in me e diventa casa.

 

Ventidue-ventitré luglio duemiladiciotto. Fotografia di Tim Walker (la modella è Kate Moss).